Provincia, ecco il concorso ad personam

Riguarda il posto di capo del servizio minoranze linguistiche. La giunta l’avrebbe ritagliato su misura di un candidato


di Luca Marognoli


TRENTO. Ritagliato su misura, nei minimi particolari. La giunta provinciale, quando serve, sa dimostrare un'incredibile abilità sartoriale nel disegnare i propri concorsi pubblici. Che naturalmente sono aperti a tutti coloro che abbiano i requisiti richiesti, con la particolarità – non dichiarata ma a tutti nota nel settore interessato alla selezione – che quei requisiti li possiedono in pochi, anzi solo una persona secondo un'interrogazione del consigliere Marco Sembenotti.

Stiamo parlando del concorso pubblico, per esami, per l'accesso alla qualifica di dirigente del Servizio per la promozione delle minoranze linguistiche locali. La giunta provinciale ne ha deliberato l'indizione nella seduta del 6 luglio scorso: da allora quello che era solo un sospetto ha fatto mormorare assai i dipendenti del servizio, senza che nessuno osasse (o potesse) gridare che il re è nudo. Lo ha fatto il consigliere della Lista civica Divina, che in un documento presentato il 9 agosto chiede al presidente del consiglio Dorigatti di fare chiarezza sul caso. “Ad onta della proclamata apertura al pubblico – scrive Sembenotti - il concorso in parola si rivela di fatto assolutamente riservato a dipendenti della Provincia, ad una dipendente in particolare, ossia risulta essere dedicato ad personam mediante la prescrizione di una serie di requisiti che, nell’insieme, forniscono una fotografia dettagliata della candidata prescelta”.

In particolare sono richiesti tassativamente per il concorso in questione il possesso del diploma di laurea in lingue straniere, “congiunto ad un’esperienza diretta di almeno un anno maturata in attività a carattere strategico, programmatico e/o amministrativo in materia di salvaguardia e promozione delle minoranze linguistiche locali di cui alla L.P. 19 giugno 2008, n. 6, in mansioni per le quali sia richiesto il diploma di laurea, nonché congiunto alla conoscenza della lingua tedesca e di una lingua minoritaria del territorio trentino” (mocheno, oppure cimbro, oppure ladino), l’avere la qualifica di direttore provinciale o, in alternativa, di ispettore generale o di direttore di divisione oppure ancora l’esperienza professionale di almeno sette anni presso la Provincia stessa o altre amministrazioni pubbliche o private.

“Non bastando i requisiti positivi – aggiunge il consigliere Marco Sembenotti - ne sono stati aggiunti di negativi: non possono essere computati i periodi insegnamento per il calcolo del periodo utile ai fini del concorso e non si può già rivestire la carica di dirigente di Servizio provinciale per poter partecipare al concorso. Con tale dovizia di particolari si può comprendere come sia stato ritenuto superfluo indicare nel bando anche il colore dei capelli, essendo l’esito del concorso predefinito in modo ineluttabile”. Se quanto adombrato dal consigliere fosse vero, non sarebbe certo il nome della persona “designata” ad avere un interesse pubblico, quanto la pratica perversa di favorire qualcuno che tra l'altro potrebbe essere sostituito – accusa il sindacalista Stefano Galvagni nell'articolo a lato - da uno dei dirigenti recentemente “sgravati” dalle loro ex competenze. E infatti l'interrogazione pone dei quesiti “quantitativi”. Sembenotti ha una lista di domande che partono tutte con lo stesso pronome: quanti siano i dipendenti provinciali in possesso del diploma di laurea in lingue che non svolgano attività di insegnamento, quanti abbiano svolto per un anno l'attività strategica in materia, quanti sappiano il tedesco e una lingua minoritaria, quanti abbiano sette anni di anzianità. Già: quanti?

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