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Più occupazione ma stipendi bassi

I sindacati spiegano che il lavoro creato in Trentino è povero e attaccano le imprese colpevoli di non fare investimenti


di Ubaldo Cordellini


TRENTO. Aumenta il tasso di occupazione, diminuisce la disoccupazione, aumentano in termini assoluti gli occupati. Ma i numeri bisogna saperli leggere. Non bastano duemila posti di lavoro in più per dire che c’è la ripresa. Si deve vedere che lavori sono, in quali settori sono e quanto vengono pagati.

I sindacati osservano che i nuovi posti di lavoro sono «poveri», cioè poco pagati e poco specializzati. Per i segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil è colpa in gran parte degli imprenditori, ancora troppo legati ai contributi della Provincia e poco inclini a investire in settori innovativi nonostante le ingenti risorse dedicate dal pubblico alla ricerca e sviluppo. Franco Ianeselli, segretario della Cgil, spiega: «I dati sono positivi. Tutti gli indicatori mostrano una crescita e questo è un bene. Sono dati che derivano da una leggera ripresa. Il Trentino è una terra con alta coesione sociale, ma con una crescita economica insufficiente. Per questo è più che probabile che il nuovo lavoro sia povero. Noi dobbiamo guardare il bicchiere mezzo pieno, ma così non basta. Serve una crescita economica più sostenuta per creare lavoro di qualità. Invece assistiamo alla creazione di lavori poco pagati, nel settore dei servizi. Purtroppo siamo da sempre di fronte a un paradosso: la Provincia investe molto in ricerca e sviluppo, ormai siamo all’1,9 per cento del Pil, abbiamo un’università di eccellenza, ma c’è grande difficoltà nel trasferire questi sforzi nel tessuto economico».

Anche il segretario della Cisl Lorenzo Pomini ci va giù duro con gli imprenditori: «La verità è che le imprese trentine non investono in qualità. Per questo i nuovi posti di lavoro non sono ben remunerati e altamente specializzati. C’è un po’ di ripresa e per questo è arrivato l’aumento dell’occupazione. Le imprese più virtuose hanno agganciato la ripresa e sono tornate ad assumere però le imprese trentine non sono presenti nei settori più innovativi e a maggiore valore aggiunto. La maggiorparte delle imprese trentine è seduta in attesa della Provincia. Per fortuna che qui ci sono tanti strumenti che permettono di affrontare la crisi, a partire dal progettone per arrivare al redditi di garanzia, altrimenti sarebbe un dramma. Purtroppo gli imprenditori mancano di visione e si va un tanto al chilo. Manca cultura imprenditoriale».

Walter Alotti, segretario della Uil, è leggermente più ottimista: «I dati sono comunque positivi, anche se è vero che la qualità del lavoro creato in questo periodo non è eccelsa. Purtroppo ci vuole molto tempo per tradurre gli investimenti in ricerca e sviluppo in maggiore occupazione. Le imprese, però, dovrebbero investire di più, invece aspettano il traino dell’ente pubblico. La situazione, per fortuna, è leggermente migliorata, ma si può fare di più».













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