Ospedale chiuso a MezzolombardoUna scelta dolorosa e impopolare


Alberto Faustini


Scelta dolorosa e impopolare, quella di chiudere un ospedale. E coraggiosa. Con la sicurezza non si scherza. Bisogna intervenire e basta.
 Gli ospedali sono però prima di tutto dei simboli. Averli a pochi passi da casa  tranquillizza, conforta, rincuora. E poco conta che gli utenti, al dunque, preferiscano quasi sempre farsi visitare o ricoverare in strutture più grandi. Anche perché gli ospedali sono e restano grandi vessilli da agitare in ogni campagna elettorale. Manca solo la scritta “chi tocca muore”. Ma è come se ci fosse: perché per perdere un’elezione basta anche solo minacciare di ridimensionarne uno. La batosta è assicurata.
 Dunque non dev’essere stato facile - l’altra notte, in Provincia - decidere di evacuare il San Giovanni. In questo gesto c’è però molto del Trentino di oggi. C’è il decisionismo, che talvolta irrita ma che più spesso finisce per piacere. E c’è la costante ricerca della sicurezza. L’Abruzzo, con le leggi sorte dopo il terremoto, c’entra sino ad un certo punto: la storia del territorio trentino, violentato negli anni passati da troppa superficialità, parla infatti da sola. Altissimi i prezzi pagati. E’ stato dunque giusto dare subito un segnale forte e chiudere un ospedale che porta maluccio il suo secolo e quattro lustri.
 Tutto bene? No. Perché Mezzolombardo teme di perdere il San Giovanni per sempre: l’inagibilità del vetusto palazzo - ironia della sorte - risolve infatti molti dei problemi della politica, che da tempo dava la sensazione di tenere in vita l’ospedale con la mano sinistra svuotandolo invece lentamente con la mano destra. Rossi, l’assessore provinciale alla sanità, ha prontamente fatto sapere che un polo sanitario per i 35 mila utenti della zona resterà. Ma sul dove e sul come non ci sono certezze: l’ingegner De Col dice che lo si può ricostruire lì solo dopo aver raso al suolo l’attuale struttura. Missione impossibile, in sostanza. Il nuovo Santa Chiara, malgrado l’Autonomia e l’impegno di tutti, è in tal senso un promemoria imbattibile.
 Azienda Sanitaria e Provincia devono dunque dire subito cosa succederà. Sorgerà una sorta di poliambulatorio dove si potrà, che so, partorire? Utenti e dipendenti aspettano una risposta chiara. E hanno diritto di averla in fretta, senza giri di parole.
 Vanno infine resi pubblici e trasparenti anche i dati che hanno portato alla clamorosa chiusura. Sappiamo che tutti lavorate per la nostra sicurezza e che la prevenzione è sacra. Ma approfittatene per dirci come stanno davvero gli altri ospedali ed evitateci le mille interpretazioni che abbiamo visto di recente anche in Valsugana.













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