Negli archivi Usa la storia dell’aereo abbattuto in Paganella

Il 28 agosto del ’44 fu colpito dai tedeschi. Una guida alpina nascose il comandante: il pronipote ha ritrovato i documenti


di Paolo Piffer


TRENTO. Fa ormai parte della storia e dei racconti familiari che mamma Anita ha conservato e trasmesso. Di quel bisnonno che vide venire giù quell’aereo americano sopra la Paganella abbattuto dalla contraerea tedesca ci si ricorda ancora anche perché in casa ne erano rimasti i segni tangibili: i segmenti delle corde di un paracadute di seta. E il pronipote, avvocato e Research Fellow al King’s College a Londra, Pierluigi Congedo, con il pallino della storia, si è messo a cercare le carte negli archivi, fino a Washington, negli United States National Archives and Records Administration di College Park. E fortuna ha voluto, il caso, a volte, ci mette la sua, che i documenti e i rapporti che si riferivano a quel volo, partito dalla base aerea di Stornara, vicino a Cerignola, in Puglia, alle 8 del mattino del 28 agosto 1944, e che doveva sganciare le sue bombe sul ponte dei Vodi, alla confluenza dell’Avisio nell’Adige, non venissero distrutti da un furioso incendio nel 1973 in Missouri.

Andarono in fumo quelli dell’esercito che si riferivano agli anni tra il 1912 e il 1960 ma non quelli dell’aviazione datati 1912-1947, declassificati nel 1973. Ed è così che sono saltati fuori più di una decina di fogli dattiloscritti ma anche vergati a mano e pure un disegno, una sorta di mappa, che ritrae il lago di Garda e l’asta dell’Adige. E poi la composizione dell’equipaggio di 9 uomini a bordo del bombardiere B24 Liberator comandato dal tenente Patrick J.Shereda e tante e tante note tecniche e di “viaggio”, se così vogliamo chiamarlo.

A gennaio scorso il pronipote era riuscito a contattare, in Wisconsin, negli Stati Uniti, i familiari del comandante Shereda, scomparso l’anno scorso, mentre già nel 2015 una delegazione arrivò ad Andalo e Molveno per rievocare quel pezzettino di storia, vedere personalmente dove i propri parenti, lanciatisi col paracadute, vennero salvati dalla popolazione del posto.

E un altro incontro è previsto il prossimo anno, nella ricorrenza del 28 agosto, quando verrà celebrata una messa in ricordo dell’episodio.

Fu il bisnonno di Pierluigi e nonno della madre Anita (allora undicenne), Raimondo Clementel, di Fai della Paganella, che al tempo aveva 68 anni, guida alpina, che contatti con i partigiani ne aveva, ad accorrere sul posto, nascondere il comandante dell’aereo per una notte (come raccontò lui stesso in un articolo che scrisse molti anni dopo in America, ricordando che l’anziano sapeva un po’ di inglese per essere stato in America da giovane), accompagnarlo verso la Rocchetta, tra Mezzolombardo e Denno, indossare lui stesso l’uniforme da pilota americano e offrirgli i suoi abiti civili, indicargli la direzione che portava in Svizzera.

Gli altri uomini dell’equipaggio, aiutati dalla rete dei partigiani del posto, riuscirono in parte ad arrivare anch’essi in Svizzera. Quattro, però, furono catturati dalla Wermacht e deportati in Germania fino alla fine della guerra.

Uno di loro, Leonard Palser, detto Lee, di New York ed oggi nel New Jersey, venne nascosto dal partigiano Rico Pedrotti di Trento in una grotta ai piedi del Brenta. Oggi è l’unico sopravvissuto, quasi centenario, all’epoca ventritreenne.

Nella grotta, sopra il lago di Molveno, in Brenta, era operativa una stazione radio che comunicava con il comando inglese a Bari e informava sugli obiettivi tedeschi da colpire lungo l’asta dell’Adige durante l’ultimo periodo di una Seconda guerra mondiale ormai agli sgoccioli, alla vigilia di un cambio epocale, per l’Italia, ma non solo, mentre gli alleati risalivano la penisola e da lì a poco il Ventennio fascista sarebbe entrato nei libri di storia. Come, almeno nella percezione e nella cronaca locale, la caduta del bombardiere americano sulla Paganella, grazie ai ricordi di una famiglia, alla passione per la storia di un avvocato che vive a Londra e ai racconti di mamma Anita.

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