Medicina, i 18 docenti di Padova costerebbero 5 milioni all’anno 

Il caso. Nessun commento dall’Ateneo trentino, ma filtra freddezza sulla prospettiva di un “tutoraggio” a termine Domani l’incontro con il presidente della Provincia, ma gli insegnanti di Trento sarebbero già pronti a iniziare i corsi


GIULIANO LOTT


Trento. Bocche cucite all’Ateneo trentino dopo le indiscrezioni circa la proposta della giunta Fugatti per trovare un accordo sul corso di studi in medicina con l’Università di Padova. Con tutta evidenza, il rettore Paolo Collini e il suo staff attendono l’incontro di domani con il presidente della Provincia. Tuttavia, da alcune indiscrezioni, le tre argomentazioni anticipate sul nostro giornale di ieri non avrebbero affatto convinto i vertici dell’Università di Trento, anche sulla base di elementi oggettivi, a partire dai costi dell’operazione. Che secondo l’ateneo trentino, sarebbero molto più elevati coinvolgendo l’ateneo patavino.

Con Padova costi enormi

Con i nuovi 18 professori richiesti da Padova, la Provincia dovrebbe pagare all’Università veneta, secondo gli esperti, non meno di 30 milioni di euro in 6 anni, vale a dire 5 milioni all'anno, ed escludendo i costi della logistica. Queste previsioni sono al netto dei corsi del primo biennio, di cui si dovrebbe invece curare l’Università di Trento, con dieci docenti propri. Tradotto in vile denaro, significa altri 10-15 milioni di euro. Al di là dell’indisponibilità dell’Università trentina, è anche dubbio, secondo alcuni esperti, che essa possa, dal punto di vista tecnico, insegnare in un "canale" di un altro ateneo. Le risorse finanziarie che dovessero andare a Padova, secondo le leggi vigenti (si calcola il 50% dei 3 milioni, che tuttavia non sarebbero una cifra realistica) non potrebbero mai “tornare” all’Università di Trento.

“Levatrice”, funzione inutile

Quanto alla funzione di "levatrice" a tempo per l’ateneo di Padova, la partenza di un nuovo corso di laurea non ne ha alcun bisogno. I docenti trentini, come tutti gli altri docenti universitari italiani, hanno già superato rigorosi concorsi di idoneità, e nel corso di medicina non insegnerebbero alcunché di diverso dalle materie che hanno sempre insegnato e che sono abilitati a insegnare. Un docente abilitato può infatti insegnare e fare ricerca in precisi settori scientifico-disciplinari, senza necessità tutor o “levatrici”. Con il proprio personale docente (quasi una dozzina di insegnanti abilitati), Trento può coprire già oggi almeno i primi due anni di corso (manca solo un insegnamento, che può essere affidato a contratto), più alcuni corsi del terzo anno e del quarto anno.

Accreditamento per Padova

Inoltre il fatto che Padova non abbia bisogno di chiedere l'accreditamento a Roma, è vero solo per l’ordinamento didattico (perché sarebbe una fotocopia dei corsi già attivi a Padova e Treviso). Ma per aprire il proprio "canale" didattico dovrà chiedere l'accreditamento proprio come Trento, entro il 22 gennaio. Trento, inoltre, è già pronta ad avviare la pratica entro il termine prescritto. E ancora: sotto un profilo tecnico-normativo, se l’Università di Padova offre di fare un corso interateneo, questi sono regolati da regole piuttosto stringenti, che contemplano tra l’altro la necessità di una nuova richiesta di ordinamento (cioè lo stesso iter che sta affrontando l’Università di Trento per presentare la richiesta per un corso interateneo con Verona e Ferrara). In sostanza, Padova non ha alcuna “corsia preferenziale” al ministero rispetto a Trento ma è soggetta agli stessi obblighi.













Scuola & Ricerca

In primo piano