Manca il consenso informato: fa causa all’Azienda sanitaria

Un artigiano ha subito una menomazione dopo un intervento di ernia inguinale e dice di non essere stato a conoscenza delle conseguenze



TRENTO. Non lo avevano informato sui rischi dell’intervento. Per questo un artigiano trentino, quando ha riportato un danno ai testicoli da un’operazione di ernia inguinale ha deciso di fare causa civile all’Azienda sanitaria. Il suo legale, l’avvocato Giuseppe Benanti, ha citato in giudizio l’azienda per mancanza del consenso informato e per inadeguata informazione. La causa è stata affidata al giudice Aldo Giuliani. Ma la storia dell’artigiano trentino è ormai lunga. Nel marzo 2008, l’uomo venne operato nel reparto di chirurgia dell’ospedale di Mezzolombardo. Soffriva di un’ernia inguinale che gli dava fastidio. Gli venne fatto firmare un modulo standard per il consenso informato. Ma non gli venne detto che l’intervento poteva comportare degli inconvenienti. Dopo pochi giorni, però, all’artigiano è sceso un testicolo di 5 centimetri. L’uomo è stato subito sottoposto a varie terapie, ma non ci sono stati risultati. Dopo due anni, così, l’artigiano citò una prima volta in giudizio per danni l’Azienda sanitaria. La causa era finalizzata al risarcimento dei danni ipotizzando che l’intervento fosse stato male eseguito, visto che aveva comportato un danno fisico notevole. Il medico legale, infatti, aveva attestato un’invalidità del 6 per cento.

Non solo. L’uomo sostiene che questa invalidità gli ha di fatto rovinato la vita. Infatti ha anche dovuto cambiare lavoro. In precedenza era dipendente di un’azienda dove faceva molti straordinari, ma dopo l’intervento non può stare a lungo in piedi. Per questo si è dovuto cercare un lavoro meno faticoso. Non solo. L’uomo era un grande appassionato di bicicletta e di escursioni in montagna. Ma ora non può fare nessuna delle due cose. Non può camminare per più di un’ora di seguito perché altrimenti sente dolore. E non può nemmeno salire in sella a una bicicletta. Durante la causa, che era stata istruita davanti al giudice Manfroni, però il consulente del giudice aveva concluso nella sua perizia che nel 40 per cento dei casi un intervento di ernia inguinale può portare a conseguenze del genere. Sulla base di questa consulenza, l’artigiano aveva rinunciato alla causa, dal momento che la frequenza di conseguenze di questo tipo non può far pensare a particolari imprudenze o negligenze del medico.

Poi, però, l’uomo ha deciso di fare una nuova causa all’Azienda sanitaria. Questa volta per mancanza del consenso informato. Infatti l’artigiano sostiene che se avesse saputo che l’intervento avrebbe potuto comportare conseguenze come quelle da lui subite non l’avrebbe mai accettato. L’uomo sostiene che non gli era stato spiegato che l’operazione avrebbe potuto comportare la discesa del testicolo e ha anche detto che gli è stato fatto firmare solo un modulo prestampato. L’Azienda ha chiamato a sua volta in giudizio la sua compagnia assicurativa e quella precedente. Infatti nessuna delle due vuole pagare.













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