Maltrattata sul lavoro: ora può rimanere in Italia

Il Tar ha accolto il ricorso di una giovane straniera che aveva denunciato. il suo principale, poi condannato. Sì alla domanda di permesso di soggiorno


di Giuliano Lott


TRENTO. Il provvedimento è cautelare, cioè ha una caratteristica di provvisorietà. Ma dal punto i vista del diritto offre aspetti innovativi: il Tar ha accolto la richiesta di permesso di soggiorno “per motivi di protezione sociale” (cioè alla stessa stregua delle prostitute che denunciano il proprio sfruttatore) inoltrata da una giovane nordafricana che, giunta in Trentino nell’estate 2011 con un permesso stagionale per lavorare in campagna, era stata vittima di maltrattamenti da parte del suo datore di lavoro, un agricoltore del posto che nel frattempo è stato denunciato dalla donna e condannato - con sentenza già definitiva - per aver imposto condizioni durissime alla sua dipendente: orari massacranti, minacce e a volte persino percosse.

La donna, dopo meno di un mese di duro lavoro, aveva denunciato i maltrattamenti a cui era stata sottoposta, ed era stata poi presa in carico dai servizi sociali, che a loro volta avevano avviato l’iter per richiedere la tutela cautelare. Scaduto il permesso di soggiorno infatti, la donna risultava clandestina a tutti gli effetti. Ma la procedura è andata avanti fino ad essere discussa dal Tar, che giovedì ha emesso l’ordinanza con cui concede il permesso di soggiorno “ex articolo 18 D.Lgs 286 del 1988”, annullando il diniego della Questura alla richiesta della donna, risalente allo scorso giugno. Nel frattempo, la giustizia ordinaria aveva condannato l’agricoltore e la sentenza è divenuta irrevocabile.

Il Tar ha così ammesso la possibilità che il permesso di soggiorno venga concesso a chi soffra di particolari vessazioni sul posto di lavoro, come nel caso della giovane straniera che si era ribellata alle durissime condizioni poste dal proprio datore di lavoro. Sul quale pende ora un provvedimento per lesioni e percosse, che verrà discusso in tribunale.

Soddisfatto, come si può immaginare, il difensore della donna, l’avvocato roveretano Giovanni Guarini: «Almeno provvisoriamente, poiché il provvedimento è cautelare, giustizia è fatta. Il Tar ha dato un’interpretazione molto innovativa della legge in vigore» .

Con questa sentenza in mano, ora la giovane nordafricana potrà tornare in carico ai Servizi sociali ed essere avviata in un programma di reinserimento sociale, nelle stesse modalità che si applicano alle donne costrette a prostituirsi e che si emancipano denunciando i propri sfruttatori.

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