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Luna Park, dal megafono: «Chi non urla è gay!»

Indignazione a Lavis per il comportamento di un giostraio in paese per la fiera. Richiamato da una madre a evitare incitamenti “omofobi”, si è meravigliato


di Daniele Erler


LAVIS. Succede anche questo. Un piccolo episodio di ordinaria omofobia culturale. Ancor più grave perché succede tutto in un luogo frequentato per definizione da bambini. A segnalarlo al Trentino un genitore indignato, che ha voluto condividere l'episodio, richiedendo però di mantenere l'anonimato.

Innanzitutto il contesto. Siamo nei giorni che precedono la fiera della Lazzera, a Lavis. Come di consueto, la scorsa settimana, in piazza Anita Garibaldi (quella del mercato) e nel piazzale di palazzo Maffei (vicino alla scuola materna di via dei Colli) sono montate le giostre. Una sorta di piccolo Luna park, che dal giovedì attira una folla di bambini. Come in tutte le fiere, è una tradizione consolidatasi negli anni. Già nel passato – in origine in piazza Loreto – Lavis ospitava i giostrai.

Nel dopoguerra c'era il tiro al bersaglio, con in palio una foto e un peluche per chi lo centrava. In piazza Manci era montato il Vaso della fortuna. C'erano i fotografi ambulanti; persino la “donna cannone” che faceva i giochi con le carte. Tutto ormai recluso nel filone dei ricordi, le giostre di oggi hanno un sapore meno romantico. Lo sa bene chi vive vicino a piazza del Mercato, ed il sabato sera deve convivere con le vibrazioni alle finestre, causate dai bassi alzati al massimo, con musica da discoteca.

È ciò che piace ai ragazzini, in fondo. Con il rischio però di superare il segno. Perché i giostrai s'improvvisano anche vocalist, senza tener conto del contesto in cui si trovano, alla presenza di bambini anche molto piccoli. Da qui il fattaccio. «Già venerdì sera – racconta il genitore – mia figlia di 12 anni è tornata a casa, raccontandomi indignata: “Sai papà che l'uomo degli autoscontri continua a dire: chi non urla è gay”?. Come spesso accade, ormai non ci fa caso più nessuno. Oppure, ancor peggio, per quasi tutti è normale usare la parola “gay” come fosse un insulto. Per fortuna non per mia figlia. Il giorno dopo mia moglie è tornata con lei agli autoscontri, ha sentito ancora la stessa frase, detta al megafono e verso i bambini: “Chi non urla è gay!”.

Questa volta però è andata a parlare con il giostraio, facendogli notare come la frase fosse fuori luogo: lui è sembrato stupito, quasi non se ne rendesse conto». Il fatto è tutto qui, da quel momento il giostraio ha sostituito la farse con: “Chi non urla è sfigato!”. Ma il genitore ha voluto comunque condividere l'episodio, a testimonianza di come l'omofobia, a livello culturale, s'annidi ormai in maniera radicata. Anche in un Luna park di paese.













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