il bilancio

Lavoro, in Trentino mancano le professioni «alte»

Negli anni della crisi sono calati gli operai e i lavori manuali, ma non sono decollati i mestieri innovativi e intellettuali


di Chiara Bert


TRENTO. Diminuiscono gli operai, specializzati e non, e cala in generale il lavoro manuale. Ma se è vero che negli anni della crisi il mercato del lavoro trentino ha visto aumentare il lavoro non manuale, è altrettanto vero che ad aumentare non sono state le professioni dirigenziali, intellettuali e tecniche, le cosiddette «high skill», bensì i mestieri meno qualificati. Si sono diffusi i lavori di servizio alle persone: dai commessi ai camerieri, dalle badanti ai facchini. Quello che è mancato è il decollo di un terziario avanzato, fatto di mestieri ad alto tasso innovativo, nel campo della scienza e dell’informatica, quei settori che in altre parti del mondo spingono verso l’alto la crescita e il Pil di un territorio. È questo il quadro che emerge dall’analisi del 30° Rapporto sull’occupazione in provincia di Trento dell’Osservatorio del mercato del lavoro. Se - come si è scritto recentemente proprio in occasione della presentazione del rapporto - gli ultimi dati Istat segnano una disoccupazione in calo al 4,8%, il tasso più basso dalla fine del 2012, e da gennaio a settembre le assunzioni sono aumentate del 3,6% rispetto al 2014, in un bilancio di fine anno vale la pena soffermarsi anche sulla qualità dell’occupazione in Trentino.

Negli anni della crisi (2007-2014) l’occupazione è cresciuta di poco più di 10 mila unità, pari a un aumento del 4,5%, ma a cambiare in questo periodo è stata anche la struttura delle professioni.

Meno lavoro manuale. La tabella qui a fianco mostra come negli ultimi 7 anni si sia ridotto il peso delle professioni tecniche (-5,4%) e degli operai specializzati (-3,2%), così come quello degli operai semi-qualificati (-1,3%) e degli imprenditori e dirigenti (-0,9%), Per contro, è aumentato il peso delle professioni intellettuali (+4,1%), degli impiegati (+2,7%) e delle occupazioni elementari (+2,8%), ma anche quello degli addetti alle vendite e ai servizi alla persona (+1,2%). Raggruppando le professioni in quattro grandi fasce a seconda del contenuto delle mansioni (manuale(non manuale, qualificato/non qualificato), si osserva che a un aumento del lavoro non manuale, che ha guadagnato 1,8 punti percentuali, ha corrisposto un calo del lavoro manuale di 1,6 punti. Ma in generale è l’area meno qualificata del lavoro che è aumentata di peso. Il Trentino - è l’analisi del rapporto sull’occupazione - non fa eccezione rispetto alla tendenza in atto nell’economia italiana ad un progressivo aumento del settore dei servizi, che è però un terziario non innovativo, non avanzato.

Donne. Questa tendenza interessa in maniera ancor più evidente le donne, e questo nonostante un livello di istruzione raggiunto più alto di quello degli uomini . Nelle professioni tradizionalmente più ad alto tasso di presenza femminile aumentano i ruoli impiegatizi (+ 7%).

Immigrati. I dati indicano un aumento di oltre 6 mila lavoratori stranieri, dal 7% del 2007 a quasi il 10% del 2014, aumentati in quei settori dove erano molto concentrati già prima della crisi: addetti alle vendite, servizi alla persona, lavori domestici. Oggi sono il 16% degli operai specializzati, La conclusione è abbastanza logica: la concentrazione nelle occupazioni meno qualificate rende la loro presenza essenziale per il funzionamento del mercato del lavoro trentino.

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