La spesa per le pensioni aumenta del 3% 

In un anno in Trentino sono usciti 2 miliardi e 340 milioni, 68 milioni in più rispetto al 2016. Gli assegni sopra i 3 mila eurosono il 6,6%


di Ubaldo Cordellini


TRENTO. Dopo anni di squilibrio la spesa pensionistica in Trentino è tornata in parità, ma ha ripreso a crescere. Secondo i dati del rapporto annuale dell’Inps, che saranno presentati in settimana dal direttore regionale Marco Zanotelli, in Provincia nel 2017 si sono spesi 2 miliardi e 340 miliardi per pagare 160 mila pensioni. L’aumento rispetto all’anno precedente è stato di 68,5 milioni di euro, ovvero il 3%. Un aumento, come spiega Zanotelli, dovuto essenzialmente al’adeguamento Istat: «Il numero di pensioni è sostanzialmente stabile, ma anche così la spesa complessiva è aumentata soprattutto a causa dell’adeguamento Istat. Quando si parla di pensioni, si parla di grossi numeri. Basta poco per spostare decine di milioni. L’altra notizia, però, è che è stato eliminato lo squilibrio tra entrate e uscite. Da anni, ormai, la spesa per pensioni, sia a livello nazionale che a livello locale, era superiore ai contributi versati. Ma nel 2017, dopo anni, si è tornati in equilibrio. Questo anche perché le imprese sono tornate ad assumere e soprattutto perché la cassa integrazione, dopo anni di crescita, si è ridotta di moltissimo. A livello nazionale, invece, c’è ancora squilibrio». Il dato generale, poi, è che in Trentino si va in pensione in media un anno prima che nel resto d’Italia e la pensione media è più alta: «Il 6,6% dei pensionati percepisce più di 3 mila euro. Sopra i 5 mila euro, invece, ci sono poche pensioni. Da notare che ci sono molte persone che prendono più di una pensione. In media, in Trentino, ci sono 1,2 pensioni per un pensionato».

In regione l'età media di pensionamento effettivo è di 63 anni, mentre in Italia la media è di ben 3 anni in più, 66 anni e 2 mesi per la precisione. Questo vuol dire che un lavoratore trentino ha davanti a sè tre anni di riposo (meritato) in più. Zanotelli spiega che la ragione è chiara: «Da noi c'è maggiore regolarità e continuità di contribuzione, mentre in altre zone del Paese ci sono grossi buchi contributivi, purtroppo. Ma, soprattutto, i lavoratori nati negli anni '50 hanno iniziato a lavorare molto presto, in genere sotto i 20 anni, e per questo vanno in pensione a 63 anni invece che a 66».

La continuità contributiva e l'ingresso nel mondo del lavoro in età abbastanza precoce si riverbera anche sull'importo medio delle pensioni pagate in Trentino, che è sensibilmente più alto rispetto a quello medio italiano. In Trentino, la media delle pensioni di vecchiaia dei lavoratori dipendenti è di 1.070 euro al mese, mentre in tutta Italia la media è di 609 euro al mese. Una media, che come tutte le medie, spesso trae in inganno, un po' come la storia del pollo di Trilussa. Infatti, i lavoratori dipendenti maschi percepiscono 1.429 euro al mese mentre le femmine si fermano a meno della metà, ovvero a 672 euro. C'è una differenza minore, ma comunque significativa, per quanto riguarda le pensioni di anzianità, che sono più alte perché ottenute con il pieno di contributi. In Trentino hanno un importo medio di 1.585 euro al mese, mentre in tutta Italia questa media è di oltre 100 euro in meno, ovvero 1.473 euro.













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