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La neve che non c’è: la ricerca di Eurac sugli ultimi 20 anni

L'Istituto di ricerca di Bolzano pubblica il lavoro di un team (con tre trentini) sulle precipitazioni in regione: così pioggia e neve calano e aumetano le temperature


Gigi Zoppello


TRENTO. Lo avevamo anticipato intervistando il ricercatore trentino Giacomo Bertoldi, ed ora ecco la pubblicazione dei dati ufficiali. Che analizzando le serie storiche dal 1980 al 2020 ci mostrano il trend (negativo) delle precipitazioni e il preoccupante innalzamento delle temperature nella nostra regione.

Un gruppo di ricerca di Eurac Research (Giacomo Bertoldi, Michele Bozzoli, Alice Crespi, Michael Matiu, Lorenzo Giovannini, Dino Zardi, Bruno Majone), in collaborazione con l’Università di Trento, ha infatti collezionato i dati storici sulle precipitazioni nevose messi a disposizione dalle Province autonome e dal prezioso lavoro dell’associazione Meteo Trentino Alto Adige e li ha interpretati in relazione alle fasce di quota e ad altri parametri climatici.

I risultati delle analisi mostrano come in generale i trend delle nevicate dal 1980 al 2020 sono diffusamente negativi in tutto il Trentino Alto Adige, con picchi fino a meno 75 per cento. I dati più negativi si registrano a inizio e fine stagione; solo nel cuore dell’inverno, tra gennaio e febbraio, e attorno 2.000 metri di quota, le nevicate sono stabili o addirittura in crescita in poche stazioni di misurazione come quelle dei passi Rolle e Tonale, che registrano un aumento attorno al 15 per cento.

Nei fondovalle la mancanza di neve, pur non danneggiando direttamente l’economia dello sci, ha comunque cambiato del tutto la percezione dell’inverno. Ovunque si registra un aumento delle temperature medie, con picchi fino a 3 gradi.

Del 75 per cento nella città di Bolzano e del 46 per cento a Trento, tanto è diminuita tra il 1980 e il 2020 la neve fresca accumulata per stagione, cioè la somma dei centimetri di neve che cadono tra ottobre e aprile. Ma se nei capoluoghi di provincia la mancanza di neve è sotto gli occhi di tutti ormai da anni – tanto che le rare nevicate occupano spesso le prime pagine dei giornali – a preoccupare di più i ricercatori sono i numeri negativi di altre località.

«Ad Andalo le nevicate sono diminuite del 21 per cento e a Rabbi del 29 per cento», riferiscono Giacomo Bertoldi e Michele Bozzoli, idrologi di Eurac Research. «L’impatto visivo è meno forte perché parliamo di posti dove l’accumulo medio di neve fresca rimane comunque sopra il metro, ma queste diminuzioni hanno conseguenze gravi per le falde acquifere, la disponibilità di acqua e dunque tutte le attività umane che ne hanno bisogno».

I ricercatori riconducono questi dati al generale aumento delle temperature dovuto al cambiamento climatico. «L’aumento medio della temperatura nelle 18 stazioni che abbiamo selezionato è di 1,54 gradi. Per il caldo le precipitazioni rimangono perlopiù sottoforma liquida, soprattutto alle quote più basse, perché non c’è abbastanza freddo per trasformarsi in neve», avvertono Bertoldi e Bozzoli.

In effetti, il bilancio totale delle precipitazioni stagionali in quarant’anni non è negativo: anzi, ovunque sono aumentate, ma per lo più sotto forma di pioggia, e questo aspetto è solo parzialmente rassicurante. Infatti, anche se statisticamente non sembrano aumentare gli inverni secchi come questo o il precedente – e questo è indispensabile per avere abbastanza acqua – il passaggio da neve a pioggia ha conseguenze negative non solo per le attività sciistiche.

«La neve è fondamentale perché protegge i ghiacciai e il terreno ostacolando l’evaporazione e, sciogliendosi lentamente in primavera, ricostituisce gradualmente le riserve di acqua. Senza neve il rischio siccità è maggiore», precisa Bertoldi.

Anche i pochi casi di trend positivi delle nevicate, a quote attorno o superiori ai 2.000 metri, sono da ricondurre al fatto che, nonostante un aumento della temperatura, è ancora sufficientemente freddo perché le precipitazioni avvengano sotto forma di neve. Per esempio, anche se ai passi Rolle e Tonale le temperature sono cresciute in media rispettivamente di circa 1,5 e 2,3 gradi, l’aumento delle precipitazioni ha portato a un aumento dell’accumulo di neve fresca rispettivamente del 16 e 17 per cento.

I risultati della ricerca sono stati pubblicati sull’International Journal of Climatology. e mappe allegate mostrano una selezione delle 122 stazioni metereologiche analizzate.

La ricerca è stata parzialmente supportata dalla Provincia autonoma di Bolzano con i progetti di ricerca SnowTinel e SHE, ma non da quella di Trento.

 













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