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La mamma di Andrea: «Hanno voluto il morto. Mio figlio»

Franca Ghirardoni: "Saranno gli avvocati a parlare al posto nostro. Perché una cosa è chiara: nessuno ci ha vietato di andare nel bosco"

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LUCA MARSILLI


CALDES. «Hanno voluto il morto. Adesso ce l’hanno». Suo figlio. È stata lei, Franca Ghirardoni, la mamma di Andrea Papi, a chiedere l’intervento del soccorso alpino alle 20 di mercoledì. Andrea era uscito verso le 17 per una camminata fino a malga Grun. Alle 19 doveva essere a casa perché era atteso a una festa di compleanno. Il telefono suonava a vuoto. Doveva essere successo qualcosa. «Lo aspettavamo a casa, anche la sua ragazza, Alessia Gregori, era qui. Abbiamo pensato a un incidente, anche se Andrea era un atleta, molto allenato. Laureato da poco in scienze motorie, appassionato di camminata sportiva in montagna e di arti marziali. E quella montagna, quella strada, le conosceva come le sue tasche: per lui era un giro abituale».

Ma una scivolata, magari su una placca di ghiaccio su un tratto in ombra, o un sasso smosso possono sempre tradire anche il più esperto. Il ritardo non era spiegabile, e si è mosso immediatamente un gran numero tra soccorritori ufficiali arrivati da tutta la valle e da Trento e volontari del paese. Fino a notte fonda, da Caldes si vedevano fari, lampade e droni in azione. Assieme alle luci di decine di torce elettriche, lungo tutto il percorso della strada tagliafuoco. Alle 2 e 30 il ritrovamento del corpo ha fatto tornare tutti a casa.

«Adesso c’è poco da dire. O almeno, abbiamo poco da dire qui noi: saranno gli avvocati a parlare al posto nostro. Perché una cosa è chiara: nessuno ci ha vietato di andare nel bosco». E se dopo tante rassicurazioni un ragazzo che va a camminare sulla montagna sopra casa viene ucciso da un orso - è il ragionamento della famiglia - forse qualcuno delle responsabilità se le dovrà assumere.

Sul balcone della casa di via Novembre c’è solo lei. Il papà Carlo non vuole dire nulla. E si vede chiaro che a insistere per sapere qualcosa in più di suo figlio, anche a lei si fa quasi una violenza. Ma anche che da madre una cosa la vuole dire: «Era un ragazzo d’oro. Si adattava a fare qualsiasi lavoro, in attesa di iniziare a fare quello per cui si è preparato e ha studiato. In questo momento lavorava per una macelleria del paese: faceva le consegne di carne agli hotel e ristoranti della zona. Una cosa temporanea, ma intanto gli andava benissimo così». Al mondo alberghiero è legato anche il padre, maitre d’hotel, di casa a Marilleva e Folgarida. Ma era lo sport in montagna la dimensione nella quale Andrea voleva ritagliarsi uno spazio professionale. Uno sbocco naturale della sua passione proprio per l’attività fisica nella natura. «Aveva qualche ora libera, mercoledì pomeriggio, e è uscito per una camminata in salita con i bastoncini. Ci siamo salutati. Questa volta non ha portato il cane. Forse se lo avesse portato l’orso si sarebbe messo a rincorrere lui».

In un paese che considerando solo il centro non arriva a 500 persone, dire che tutti conoscevano Andrea Papi è abbastanza banale. Era comunque molto legato a Caldes e partecipava attivamente allo sforzo di rendere più varia e apprezzabile anche per i ragazzi la vita di paese. Era presidente del gruppo giovani: una associazione di volontari che organizza feste e attività all’aperto. Anche godendo degli ottimi spazi attrezzati in sponda destra del Noce, vicino al centro per il rafting. Ma a volte anche usando della stessa malga Grum, meta ieri della sua passeggiata pomeridiana. La chiamano anche «malga vecchia» in paese, e come malga non è più utilizzata da anni. È diventata però luogo d’elezione per le scampagnate e le feste campestri dell’intera comunità. A un’ora di buon passo dal paese, ma raggiungibile anche usando una strada tagliafuoco che i residenti possono percorrere in auto, è sentità un po’ come il parco di casa. Un punto di riferimento per la vita all’aperto, molto più domestico delle pur molte e affascinanti mete di escursioni più impegnative sulle montagne solandre. Andrea era andato a fare sport in una zona che si può quasi paragonare come percezione alla ciclabile lungo l’Adige per trentini e roveretani, non a un’area selvaggia.

Tra i suoi hobby non c’è mai stata la caccia, non lo ha mai attirato. E in un paese che conta 42 cacciatori attivi, anche con un costante ricambio e innesto di giovani, non è affatto scontato. Andava nel bosco per il piacere di andarci.













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