La dinastia dei "Boatos"


Gianpaolo Tessari


Fratelli d'Italia. Così aveva ribattezzato i fratelli Boato il settimanale "Epoca" che dedicò loro due paginone ed una maxi foto nel luglio del 1987. Già, perché ben quattro rampolli, su cinque, di quella famiglia veneziana, in quel periodo rivestivano cariche pubbliche elettive di rilievo: Marco, il più conosciuto, 64 anni, sedeva in Senato e ci sarebbe rimasto sino ad oggi, messo in pensione, suo malgrado da Rifondazione. Con lui a Roma, alla Camera, c'era anche Michele, il più giovane, oggi 60 anni, che però si ruppe le scatole quasi subito di quell'ambiente (e, caso più unico che raro) dopo un anno e mezzo rimise il mandato e se ne tornò in laguna. A Trento, in Consiglio regionale aveva uno scranno il primogenito, Sandro, 70 anni, mentre a Venezia era assessore comunale all’urbanistica Stefano, 66 anni. Ora è rappresentante del ministero per l’ambiente in commissione salvaguardia del capoluogo veneto ed è stato un fiero oppositore dell’Expo e del “Mose”.

Di tutta la squadra Boato, solo il secondogenito, Maurizio, 69 anni, non si è fatto tentare dalla politica, se non ai tempi di Lotta Continua. Vive in provicia di Treviso, a Preganziol: è diventato un’autorità in materia di shiatsu.

Sandro e Marco sono arrivati Trento per strade e tempi diversi e sono, nessuno degli altri si offenderà, i più conosciuti in città e fuori. Ma nel mondo politico veneto un ruolo di rilievo lo ha rivestito anche Michele, il parlamentare dimissionario che divenne assessore regionale quando il Veneto, come buona parte d’Italia, fu rivoltata come un calzino dal ciclone Mani Pulite. Buona parte degli assessori, quelli almeno che maneggiavano i quattrini, finì in gattabuia e Michele accettò di entrare nell’esecutivo di salvezza locale, affidato alla presidenza Pupillo. Ha fondato una rivista, “Gaia” che si occupa dell’ecosistema veneto e che ha dedicato ad Alexander Langer, nome che ha segnato in modo profondo tutti i fratelli Boato.

Si diceva però di Marco e Sandro, i due “trentini”: arrivarono in riva all’Adige a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro, nel 1962 e nel 1963. Il primogenito fu chiamato per mettere al servizio della vulcanica giunta di Bruno Kessler il suo talento di urbanista: dall’ufficio tecnico della seconda Regione aerea militare, in Roma - dove si progettavano edifici di servizio agli aeroporti, in stile modernista: tra Carlo Scarpa, Theo van Doesburg e Le Corbusier - finì poi all’ufficio tecnico del Comune di Trento. «A tale ruolo ero stato richiesto da due colleghi architetti portavoce della Giunta comunale Dc-Psi (Sergio Giovanazzi e Alberto Agostini) e “comandato” da quella provinciale - per adeguare il progetto di Piano regolatore cittadino alle scelte di fondo del Piano urbanistico provinciale in corso di approvazione: si delineò così il mio lavoro per il 1967». Così nota Sandro in una documentata memoria di quegli anni che traghettarono, grazie anche al Pup, larga parte di Trentino fuori dall’arretratezza che regnava in molte valli. Sandro, da verde, portò la cultura ambientalista in Consiglio regionale a Trento.

Famiglia profondamente religiosa quella dei Boato, una fede che trasmise loro l’amatissima mamma Rita, mentre il padre Angelo, impresario edile, era di formazione laica. Sandro e Marco divennero buoni amici di monsignor Loris Capovilla: un sacerdote che da segretario del patriarca di Venezia Angelo Roncalli, si trovò dal 1958 al 1963 a rivestire il ruolo di segretario di Papa Giovanni XXIII, quando Roncalli salì sul trono di Pietro. Capovilla, veneto di Pontelongo, oggi lucido alla bell’età di 92 anni, salì a Trento per celebrare le nozze di Sandro Boato. Concelebrante fu don Dante Clauser. In quegli anni divenne vescovo di Trento, pare proprio su una proposta che arrivò al Papa tramite Capovilla, monsignor Alessandro Gottardi, scomparso nel 2001. Anche Marco che è stato tra i promotori del Movimento cristiani per il Socialismo, fu legatissimo a “don Sandro”. Quando il vescovo emerito era ormai al termine della sua esistenza, fu vegliato proprio dal parlamentare verde, amico di una vita. Era al suo capezzale, a Villa San Nicolò, quando pensò di fargli salutare Capovilla: «Don Sandro, volo che ciameno don Loris?». «Provemo» arrivò a sussurrare l’anziano presule. Il vescovo emerito sarebbe spirato qualche giorno dopo. Proprio Marco, con le lacrime agli occhi, ne diede l’annuncio. La Boato’s dinasty promette bene per il futuro. Sandro ha due figli. Matteo, ingegnere per formazione, è già un apprezzato pittore. Le sue “Case che ballano” sono, come si suol dire, piaciute a pubblico e critica. Poi c’è Giulia, una laurea, un dottorato ed un master, ora ricercatrice, ballerina di rara grazia e bellezza. E’ già stata candidata baby. Per i verdi.













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