tagli al sistema

La Cgil contraria al "salvataggio" dei punti nascita periferici

Il segretario confederale Grosselli spiega: "Non è certo la sala parto sotto casa che dà risposte adeguate. Sotto i 500 parti l'anno si rischia di compromettere la qualità"



TRENTO. La Cgil del Trentino contraria alla presunta apertura, ventilata negli scorsi giorni dal senatore Panizza e dal Patt, del governo nazionale all'ipotesi di concedere delle deroghe al Trentino per mantenere aperti i punti nascita sotto la soglia dei 500 parti l'anno «rischia di compromettere la qualità, mettendo in discussione i principi affermarti fino a questo momento sia dal ministero della Salute sia dall'assessorato provinciale alla Sanità».

«Accettare di andare sotto la soglia di un numero minimo di parti l'anno, in grado di garantire alle equipe medico-ostetriche un'adeguata esperienza sul campo, mette a rischio la salute di mamme e bambini e riduce la qualità del servizio» sottolinea Andrea Grosselli, segretario confederale della Cgil del Trentino.

Per la Cgil, che attende l'incontro promosso dall'assessore alla Salute Luca Zeni, è meglio puntare a servizi di eccellenza: «Non vogliamo punti nascita nominali, che soddisfano solo la logica del mantenimento del consenso elettorale. I presidi sanitari che già esistono nella valli andrebbero valorizzati per offrire alle donne percorsi nascita strutturati per tutte le fasi della gravidanza, lasciando il parto alle strutture più adatte e qualificate. Non è certo la sala parto sotto casa che dà risposte adeguate, come dimostra la mobilità di moltissime donne delle valli verso gli ospedali di Trento e Rovereto».













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