L’agonia dei ghiacciai: «Spariranno in 10 anni»

L’allarme dell’esperto del Museo di Scienze naturali Christian Casarotto: «Il rischio è che rimanga solo l’Adamello. Per salvarli i teli non servono a nulla»


di Silvia Siano


TRENTO. Una montagna senza ghiacciai. Ecco lo scenario che si potrebbe prospettare da qui a dieci anni. A lanciare l'allarme il glaciologo Christian Casarotto, ricercatore del Museo tridentino di scienze naturali, che invita ad un cambio di passo per salvare il tessuto montano. In Trentino, i sei ghiacciai campione (Lobbia e Mandrone del gruppo Adamello, Marmolada, Careser e Palon de la Mare e D'Avola in Dolomiti di Brenta), che vengono monitorati ogni anno dagli esperti del museo di scienze naturali in collaborazione con la Provincia e con la Sat per stabilire quanto la superficie ghiacciata si abbassa durante l'estate, quest'anno hanno subito alla fronte perdite superiori ai 4 metri di spessore.

A cosa si deve il fenomeno?

Lo scorso inverno le nevicate sono venute a mancare e gli accumuli nevosi sono andati calando dal settore occidentale a quello orientale delle Alpi. In Valle d'Aosta ad esempio abbiamo registrato oltre 4 metri di riduzione dello spessore, mentre da noi mediamente tra i tre metri e mezzo e o quattro. Se i metri di neve li trasformiamo in acqua, i tre metri e mezzo corrispondono a poco meno di un metro e mezzo d'acqua.

Quest'estate come è andata?

Abbiamo avuto temperature anomale, troppo calde che hanno portato a fusione l'acqua accumulata durante l'inverno. Il fenomeno si deve allo zero termico, la quota alla quale la temperatura è a zero gradi. Lo zero termico è stato così elevato che la copertura nevosa accumulata lo scorso inverno è andata a fusione. Il bilancio è negativo rispetto allo scorso anno, i nostri ghiacciai, tutti e sei, si sono ristretti e abbassati in profondità.

Come si può ovviare al problema?

Non certo con i teli. E che facciamo copriamo tutte le montagne? I teli non sono una soluzione per i ghiacciai, servono solo per il mantenimento della neve invernale, quindi per proseguire ed allungare la stagione sciistica. Energia ed economia ruotano attorno ai ghiacciai, pensiamo ad esempio all'approvvigionamento dei bacini artificiali, agli alberghi, agli impianti di risalita e ai rifugi. I ghiacciai sono una risorsa energetica ed economica che non possiamo permetterci di perdere, altrimenti perderemo tutto il tessuto montano. La soluzione va trovata a livello globale, bisogna ristabilire l'equilibrio nelle temperature, perché i ghiacciai dipendono dalle precipitazione nevose e dalle temperature estive che devono essere più basse. Bisogna attuare politiche per il risparmio dell'energia, per ridurre le emissioni di gas serra e cambiare il modo di utilizzare il suolo. Deve cambiare la politica montana nel suo complesso.

A che cosa sta pensando?

La mentalità delle persone deve cambiare e seguire il cambiamento delle montagne, bisogna iniziare ad adattarsi ai processi, vivere la montagna come in continua evoluzione. Il pensiero deve spingersi alla conservazione del patrimonio e ad attuare gestioni che vadano di pari passo con le nuove necessità del tessuto montano.

Ma andando avanti di questo passo cosa accadrà?

Che il gruppo dell'Adamello-Mandrone, poco più di 16 km quadrati di estensione per una profondità massima di 200 metri, il più grande d'Italia, sarà l'unico a mantenersi più a lungo, mentre i più piccoli, rischiano di avere vita breve.

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