il caso

«Io, preso per spacciatore e minacciato dal “boss”»

Ieri mattina un altro episodio inquietante poco prima della rapina: «Un maghrebino mi ha ordinato di cambiare strada: “Questa è la mia zona”»



TRENTO. Una delle nuove frontiere dei giardini di piazza Dante? Gli spacciatori ti scambiano per uno spacciatore concorrente o per un investigatore in borghese e, nel dubbio, ti intimidiscono e ti minacciano. Succede in pieno giorno, a metà mattina, davanti a tutti, o almeno davanti a chi ancora ha l'ardire di passare e sostare tra le panchine del percorso che nel verde conduce dalla stazione a via Torre Vanga. Un microcosmo che appare sempre più fuori controllo in quello che è forse il principale biglietto da visita della città, a pochi metri dal palazzo della Regione e del Grand Hotel Trento. A chi ci passa qualche mezz'ora alla settimana succedono cose "innocue" come imbattersi in personaggi che ti si piazzano alle spalle e urinano su un albero. Ma succede anche di peggio. E succede mentre dall'altra parte del parco ci sono agenti della polizia municipale, succede mentre dall'altro lato della strada passa il vicepresidente della Provincia Alessandro Olivi, mentre dall'altro lato del laghetto passeggia una vecchietta.

Succede che mentre stai telefonando attorniato dall'immancabile popolazione di "lavoratori" stranieri in azione nei giardini (in questo caso dai neri che si "occupano" della parte sud) comincia ad avvicinartisi un maghrebino (evidentemente il "capo" di costoro) che, mostrando di essersi calato bene nell'ambiente, emette "simpaticamente" versi da anatra e poi, dopo aver ringhiato, ti comunica che quella è la sua zona. Zona in cui tu, dotato di troppa tecnologia (due telefoni e una borsa per il computer), non sei il benvenuto e per questo te ne devi andare. Dopo esserti chiesto se per caso non hai sbagliato a vestirti quella mattina (ed esserti risposto che quel gilet a righe poteva farti sembrare al massimo un pappone, ma non uno spacciatore), ti precipiti alla ricerca di un esponente delle forze dell'ordine e davanti al Comune incontri un vigile a cui racconti l'accaduto. L'agente spiega che la situazione è nota, che le procedure di intervento sono complesse (a suo dire questura e finanza avrebbero la "precedenza"), che la legge non è dalla parte di chi vorrebbe stroncare questi comportamenti e questi giri (basti pensare al quantitativo di droga tollerato per uso personale che salva moltissimi spacciatori) e che forse nemmeno i trentini sono dalla parte delle forze dell'ordine («si immagina - dice il vigile - se io fossi arrivato a dare una meritata strigliata a questo personaggio? I trentini sarebbero stati i primi a parlare di abuso di potere dello "sbirro"»). Non resta quindi che sporgere denuncia, con tutte le conseguenze del caso (di norma nessuna di positiva, quindi lasci perdere): «A meno che - specifica l'agente - non la prendano a randellate e finisca in ospedale con un certo numero di giorni di prognosi. In quel caso c'è la denuncia d'ufficio per lesioni». Bella consolazione.

(m.cass.)













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