INCUBO NUCLEAREIn ansia per i trentini in fuga da Tokyo

Francesco Lago, giovane progettatore di videogame, ha deciso di tornare


Sandra Mattei


TRENTO. I reattori della centrale di Fukushima fuori controllo, le scosse di assestamento che si susseguono, la corrente elettrica a singhiozzo. Le notizie dal Giappone sono sempre più tragiche a distanza di sei giorni dal terremoto e per la piccola comunità di giapponesi che vive a Trento sono motivo di preoccupazione continua. Ma ci sono anche i trentini partiti e che ora cercano di tornare. A Trento la comunità di giapponesi si riunisce attorno all'associazione Yomoyamabanashi (che tradotto in trentino farebbe "quatro ciacere"). Una ventina di persone, molte di loro sono giapponesi sposate con trentini, ma ci sono anche alcuni visiting professor a Sociologia. Stefania Da Pont è una giovane di Belluno laureata in giapponese che tiene da tre anni dei corsi di lingua per principianti. E' diventata il riferimento dell'associazione, visto che la presidente, Tomoko Kodaira, è partita alla volta del suo Paese per un viaggio già programmato. «La signora - spiega Stefania Da Pont - è originaria di Nagano, località a sud ovest, lontana da dove si è verificato il terremoto. Da quando è partita, ricevo tante telefonate di amici che vogliono sapere come è la situazione in Giappone. Per fortuna sembra che tutti siano riusciti a mettersi in contatto con i familiari, chi con skipe, chi con e mail, visto che con i cellulari non si riesce a comunicare». Ma la preoccupazione, per chi vive in Italia e riceve le caotiche notizie riportate dai giornali, dalla tivù e dai social network, è tanta. La racconta Yuko Hiromoto, 29 anni, di Hiroshima, che vive a Trento da tre anni ed ha avuto da poco una bambina, Lena. La giovane ha sposato un trentino, Claudio Todeschini, ed è in ansia per le sorti della sorella e di tanti amici che vivono a Tokyo e dintorni. «Ho una sorella che vive nella capitale, - spiega - mentre i miei genitori sono a Hiroshima. Ho sentito mia sorella stamattina (ieri, ndr.) e mi ha detto dei grandi disagi per i black out programmati. Ho sentito anche una mia amica che mi ha riferito dell'odissea che ha vissuto il giorno del terremoto, quando a Tokyo si sono bloccati tutti i mezzi pubblici e per tornare a casa dal lavoro ha dovuto fermarsi una notte in albergo, perché era troppo lontana per percorrere la distanza a piedi in un giorno. La preoccupazione maggiore per tutti sono le radiazioni, perché non sapremo gli effetti che da qui a dieci anni». Vivono la stessa apprensione i trentini che hanno parenti in Giappone. Tra loro Adriana Tabarelli, mamma di Francesco Lago, che da tre anni vive a Tokyo ed ha realizzato così il suo sogno. «Mio figlio - racconta Adriana - è sempre stato appassionato della cultura giapponese ed ha voluto iscriversi lì ad un corso di specializzazione in ideazione di videogiochi. Dopo il diploma, è stato assunto da un'azienda che progetta videogiochi e da un anno era dipendente. Si è creato insomma la sua vita, ha la sua casa, suona in una band, per cui decidere di andare via è stato molto difficile, ma ha pensato che è meglio non rischiare la salute ed ora sta tornando a casa». Due gli studenti che per gli accordi bilaterali tra l'università di Trento e di Hitotsubashi, hanno contatti in Giappone. Manuel Previato, tornato in dicembre ha un filo diretto con Simone Marino, tuttora lì. Ha contattato i parenti anche Milena Ciola, 62 anni, nata a Bolzano, ma vissuta a Caldonazzo, partita con il compagno il giorno del terremoto per il Giappone.













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