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Incidenti sul lavoro di nuovo in crescita

Il Trentino fa peggio dell’Italia. Fedrizzi: «La crisi aveva ridotto occupazione e infortuni. Manca cultura della sicurezza»



TRENTO. A pagare sono, ancora una volta, i più anziani. In un quadro, tornato molto fosco, dell’andamento degli infortuni sul lavoro si nota che un numero sempre maggiore di incidenti accade nella fascia di età tra i 50 ed i 64 anni: «Un segno del cambiamento del mondo del lavoro che allontana sempre di più il momento della pensione» spiega Bruno Fedrizzi, presidente provinciale dell’Anmil, l’Associazione che raduna i lavoratori mutilati ed invalidi. E dopo anni di dati altalenanti, nei primi mesi del 2017 sono tornate a crescere le morti sui luoghi di lavoro: pur con numeri non enormi in assoluto, la crescita è purtroppo maggiore rispetto alla media nazionale.

Per l’Anmil ieri è stata l’occasione, celebrando la giornata dedicata alle vittime del lavoro, per fare il punto sulla prevenzione degli incidenti e per ragionare sul modo per rivalutare anche le rendite dell’Inail, ora agganciate ai salari. Situazione considerata non più idonea ai tempi attuali.

Sala piena quella della Fondazione Caritro, con molte persone a mostrare con dignità e fermezza le “offese” fisiche subite sul luogo di lavoro. E se l’assessore comunale Maria Chiara Franzoia insisteva sulla necessità di fare informazione già nelle scuole sulla sicurezza sul lavoro, lo stesso concetto veniva ripreso poco dopo dal presidente Fedrizzi: «Non si può abbassare la guardia. Siamo preoccupati, non c’ è la cultura della sicurezza nelle scuole. E gli ultimi dati, quelli relativi ai primi mesi di quest’anno, mostrano un’inversione di tendenza inaspettata di quello che era un trend positivo dell’andamento infortunistico nel nostro paese: nei setti mesi in Italia gli infortuni con esito mortale sono aumentati del 1,3 per cento, mentre in Trentino lo stesso aumento si attesta sul 7,7 per cento».

In numeri assoluti, dati provvisori, si è passati da 4 a 6 decessi ma la notizia è comunque molto brutta.

«Negli ultimi decenni il fenomeno infortunistico aveva mostrato una costante tendenza alla diminuzione, che si è particolarmente accentuato a partire dal 2008 e si è protratta sino al 2014. In questi anni, in cui il paese ha attraversato una profonda crisi economica, al favorevole trend già in atto si è sommato, infatti, il calo della produzione e dell’occupazione (sia in termini di occupati che di ore lavorate) che ha comportato una parallela contrazione dell’esposizione al rischio e quindi degli infortuni stessi» ha spiegato Fedrizzi.

Insomma con il ritorno del lavoro è aumentata anche la percentuale degli infortuni.

Tolti quelli con esito infausto si nota per il resto, tenendo fermo il periodo gennaio agosto che durante il 2017 si sono denunciati praticamente lo stesso numero di infortuni, circa 3600, ma in questo numero ci sta dentro praticamente tutto, dal taglio di una mano alla distorsione di una caviglia, sino alle prognosi evidentemente più preoccupanti: « Ma negli anni 2015 e 2016 l’andamento infortunistico ha cominciato a mostrare ritmi altalenanti a volte per gli infortuni in generale a volte per quelli con esito mortale. Questo inizio 2017 si presenta invece con segnali diffusi, univoci e, purtroppo, inequivocabili» chiude Fedrizzi.

(g.t.)













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