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In Provincia scatta lo stop ai contratti co.co.co.

Dal 1° gennaio il Jobs Act li vieta. Al via un censimento delle posizioni per decidere quali eliminare o esternalizzare: intanto la giunta vara una deroga di un anno


di Chiara Bert


TRENTO. In Provincia si prepara la stretta sui contratti co.co.co., le collaborazioni coordinate e continuative. Questo tipo di contratti, che hanno accompagnato la vita lavorativa di alcune generazioni di italiani, erano stati «rottamati» dal Jobs Act, la riforma del mercato del lavoro voluta dal governo Renzi, dal 1° gennaio 2016. Per la Pubblica amministrazione c’è stato un anno di tempo in più ma «dal 1° gennaio 2017 scatterà lo stop», spiega il dirigente del Personale Luca Comper. E Piazza Dante deve adeguarsi. In particolare, il Jobs Act a tutti i servizi sarà inviato una circolare: vietato rinnovare contratti “eterodiretti”, gli unici ammessi sono quelli “autoorganizzati”, ovvero che non prevedono la presenza del lavoratore in ufficio e l’utilizzo da parte sua di attrezzature dell’amministrazione.

Di quante posizioni parliamo? I contratti più pesanti, quelli che di fatto si avvicinano a un contratto di lavoro dipendente, sono poco meno di una trentina, ma molti di più sono i contrattini co.co.co. di varia tipologia e durata che nei vari dipartimenti e uffici si sono sedimentati nel tempo. Un apporto di lavoratori che rischia di venire a mancare.

Così la giunta è corsa ai ripari e venerdì ha approvato una delibera in cui si impegna a ridurre le collaborazioni. Di fatto le possibilità che si aprono sono tre: riorganizzando i propri servizi facendo a meno dei contratti co.co.co., esternalizzare alcune attività attraverso appalti, oppure ricondurre queste collaborazioni nell’alveo di rapporti di lavoro di tipo subordinato, il che significherebbe in sostanza nuove assunzioni che si scontrano però con l’attuale blocco del turn over che prevede una sostituzione ogni dieci pensionamenti.

Per intervenire servirà un censimento di tutte le posizioni interessate, anche perché molte di queste sono finanziati con risorse legate a progetti europei, e dunque la giunta prevede di approvare il nuovo ordinamento nei primi mesi del 2018, dopo l’approvazione della legge di stabilità. Nel frattempo? Nel frattempo si affida ad una deroga. Per gestire la fase di transizione «in modo graduale», i contratti in essere potranno essere rinnovati anche oltre i 1095 giorni in tre anni attualmente previsti. Le collaborazioni potranno essere rinnovate solo se ricorrono i presupposti per derogare all’obbligo di rotazione. I cda degli enti strumentali, dove i co.co.co. sono più diffusi, dovranno dovrà deliberare se in seguito intende procedere con un’assunzione (se ci sono posti in pianta organica) o esternalizzare l’attività.













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