L’intervista a Matteo Rapanà 

«Il “mio” Mag? Luogo creativo con visite guidate e teatralizzate» 

Il nuovo direttore. Si è insediato da pochi giorni il responsabile del museo territoriale dell’Alto Garda che ha entusiasmo e idee chiare «Mi piacerebbe portare in Rocca un convegno annuale internazionale»


Katia Dell’eva


C’è chi lo chiama “direttore”, ma la qualifica in realtà ancora non gli è stata attribuita, anche se, nelle sue mani, da poco più di una settimana, dopo essere stato scelto all’interno del concorso indetto dal Comune di Riva, regge la gestione e la supervisione dell’intero Mag – Museo Alto Garda. Matteo Rapanà, classe 1983, del resto, forse, del direttore non ha neanche gli atteggiamenti. Non se ci si immagina un altolocato e distaccato signore, dall’aria un po’ pretenziosa.

A lui, piace farsi dare del “tu” da tutti, sottoposti compresi; piace fermarsi a parlare col suo staff (rimasto lo stesso degli ultimi anni). Da lui, più di ogni altra cosa, trasuda l’entusiasmo della gioventù, la voglia di mettersi in gioco e di fare, perché dopo essere diventato padre, in questo 2019 è anche diventato “capo” di un museo, nel quale potrà apportare tutte – o almeno alcune – delle sue idee di gestione.

Bene, allora, diamoci del “tu”. Così giovane e così in alto. Da che esperienze vieni?

Ho un percorso di studi strettamente legato all’arte e ai musei: sono laureato in triennale in Beni Culturali, nello specifico in Archeologia, e in magistrale in Archeologia Medievale. Successivamente ho fatto un master a Trento alla Step, la Scuola per il governo del territorio e del paesaggio, e, attualmente sto ancora perfezionando le mie conoscenze grazie a un secondo master alla Trento School of Management, in Gestione museale. Nel frattempo, chiaramente, in parallelo allo studio e alla ricerca, ho anche fatto tanta esperienza sul campo, lavorando con varie mansioni in molte delle realtà museali della città, dal Museo Tridentino, al Diocesano, alla Fondazione Bruno Kessler, e sono – ma questo immagino di doverlo abbandonare ora – libero professionista come guida turistica.

Cosa ti ha lasciato, questo passato vicino ai musei a 360 gradi, in termini di idee per il futuro del Mag?

Come guida turistica, la prima cosa che mi viene in mente è che ci sia bisogno, in un territorio come quello rivano, di spingere sui percorsi in lingua. Oggi esiste un’offerta ad hoc, a Forte Garda, in inglese, ma è una forma di avvicinamento al luogo che dovremmo approfondire, anche spaziando su altre lingue. Ma, ancora, immagino questi percorsi strutturati in un modo nuovo, divisi tra la visita al museo, a vedere foto e quadri, e un secondo momento di immersione nella realtà, alla ricerca di quei posti che hanno ispirato lo scatto o il dipinto. Negli anni, poi - e qui ci avviciniamo alle nuove tecnologie - ho avuto modo di studiare alcune opere attraverso forme digitali delle stesse. E’ un procedimento che si usa, soprattutto per rilievi tecnici, ma potrebbe essere sviluppato per coinvolgere gli studenti degli istituti tecnici o di design, o addirittura per creare delle gallerie digitali del meglio che il Mag può offrire.

E non temi che possa essere controproducente?

No, per me un’opera d’arte è come un tramonto: vederne una foto non ti fa passare la voglia di osservarlo nella realtà. Anzi, sarebbe uno stimolo e un incentivo per avvicinare la gente al museo.

A proposito della gente. Pensi che il Mag possa fare di più nel coinvolgere i cittadini e il territorio?

Secondo me questa è una realtà molto particolare, nel panorama trentino. Si tratta di un museo che è profondamente radicato al luogo in cui sorge, attraverso collaborazioni con associazioni, scuole, amministrazioni, ecc. Io vorrei riuscire, negli anni in cui mi sarà permesso di restare qui, a potenziare questa peculiarità: vorrei più visite guidate, vorrei visite teatralizzate che rendano il tutto più divertente, vorrei incontri ed eventi. Il mio grande sogno, sarebbe per esempio riuscire a dar vita a un convegno annuale internazionale, che faccia del Mag e della Rocca un punto di incontro per ricercatori alle prime armi ed esperti, che lo renda un luogo di fervente creatività, spaziando dall’archeologia all’arte più contemporanea.

Tra tutte queste idee, però, quale pensi sarà la tua primissima mossa da insediato nel ruolo, nelle prossime settimane?

Umilmente, imparare. Prima di dar vita a tutto quello che ho in testa, ho bisogno di ascoltare i miei collaboratori su tutto ciò che il museo ha già avviato e ha già in cantiere. Da non sottovalutare, poi, la necessità di conoscere meglio quello che il Mag può offrire: concretamente, insomma, dovrò farmi qualche giornata tra archivi e depositi.

Se dovessi scegliere, ti definiresti un elemento di continuità o di rottura?

Di continuità, ma di potenziamento. Credo nel lavoro fatto fino ad oggi dai pochi ma versatili e capaci collaboratori presenti, ma spero di poter rappresentare anche una fonte di novità e miglioramento per il museo.













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