Fugatti: «La mission? Lotta alla burocrazia e rilancio del Trentino» 

Sveglia alle 6.30 e poi via tutto il giorno sul territorio: «Da un mese non ceno con i figli, ma il traguardo è vicino»


di Ubaldo Cordellini


TRENTO. La sveglia suona presto nella casa di Avio di Maurizio Fugatti. Sono le 6 e 30 quando il candidato presidente, sottosegretario, deputato della Lega sente il primo stridulo trillo. La tentazione è quella di girarsi dall’altra parte e lanciare un cuscino verso quell’uccellaccio metallico, visto che è andato a letto all’una e mezza dopo essersi sparato 400 chilometri in macchina con un minimo di 7 o appuntamenti.

Ma poi il senso del dovere prevale: «È un mese che non ceno con i miei figli. È dura, ma c’è un obiettivo da raggiungere», dice mentre sale nell’auto guidata da Fabiano, il volontario della Lega che gli fa da autista per tutta la campagna elettorale. Sente il risultato vicino, Fugatti. Lo sente, ma è prudente come un democristiano della corrente dorotea. Non si sbilancia e non vende la pelle dell’orso prima di averlo abbattuto: «Non sarà facile, ma noi siamo convinti che ci sia voglia di cambiare».

E così eccolo che da un mese gira come una trottola, da un angolo all’altro del Trentino, tra una castagna mangiata in fretta a Caderzone, un bicchiere di Muller Thurgau in una canéva in val di Cembra e una cena in Primiero, e tutto nel giro di un pomeriggio. Ma Maurizio, come lo chiamano tutti, sembra fatto di fil di ferro, o di gomma, non accusa la stanchezza e va avanti. Non si scompone neanche quando lo criticano o attaccano le posizioni della Lega. Qualche piega in più la fa quando dicono che è eterodiretto da Salvini e aprirà la strada alla venetizzazione del Trentino: «Macché», dice alzando le spalle e andando avanti, anche se si capisce che questa è una di quelle critiche che colpiscono di più.

Con la gente che gli stringe le mani, vuol farsi un selfie con lui o semplicemente fare un brindisi insieme parla di altro. A Caderzone, tra una castagna e un selfie con i sostenitori riuniti nel cortile di una casa privata rilancia quello che vuol essere il suo primo grido di battaglia: «La mia prima parola d’ordine è sburocratizzare il Trentino. Sono stato gli ultimi cinque anni in consiglio provinciale e gli altri non li ho mai sentiti parlare di questo. Eppure è un tema sentito, sentitissimo, soprattutto dalle piccole imprese e dagli artigiani. Ce lo dicono tutti che la burocrazia è un freno allo sviluppo del Trentino. E’ mancato il dialogo con il governo della Provincia e con burocrazia provinciale. Qui da noi le procedure amministrative sono molto più lente e molto più farraginose. Per questo se dovessi essere eletto, la prima cosa che farò sarà riunire tutte le categorie interessate, la politica e la dirigenza provinciale per trovare una soluzione perché su questo tema qua ci giochiamo la crescita e il futuro del Trentino. Dobbiamo essere più dinamici, più veloci nelle risposte, altrimenti perdiamo il treno. Questa è la prima cosa. Non sarà facile, ma sicuramente l’affronteremo con un piglio diverso. Serve un patto tra categorie, uffici e impresa. Chi lavora in Provincia deve essere consapevole che questa è la mission».

Ma di non sola economia campa l’uomo, soprattutto il trentino, ed ecco, quindi, che Fugatti strizza l’occhio all’elettorato più attento ai temi dell’autonomia e lo fa in un ristorante del Primiero dove è stato prima di fare tappa a Caderzone: «Altro che centralisti. Noi l’autonomia la rispetteremo e la faremo crescere. L’autonomia, però, non deve essere solo quella del Trentino da Roma, ma anche quella dei territori da Trento che sono stati sempre dimenticati da piazza Dante. La Provincia ha sempre deciso senza sentire i territori, a partire dalla chiusura dei punti nascita e dalla riduzione delle guardie mediche proseguendo con le fusioni e le gestioni e associate e chi non si adeguava veniva commissariato. Con noi non sarà più così».















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