Falsifica il testamento, condannato

Lasino, 8 mesi con la condizionale al nipote riconosciuto colpevole


Giuliano Lott


LASINO. Giura di aver agito in buonafede, ma di fatto ha modificato - seppure solo apponendo una data - il testamento olografo con il quale la defunta zia lo nominava erede universale. E' così che Augusto Bassetti, 65 anni di Lasino, si è visto condannare ieri mattina dal giudice Michele Cuccaro a otto mesi di reclusione, con la sospensione condizionale della pena. Bassetti aveva fatto depositare da un notaio di Tione il testamento scritto di pugno su due fogli dalla zia Clara Pasolli Rosà.

La data che appare in testa al primo foglio (8/01/2006) è stata modificata, come stabiliscono due perizie calligrafiche (quella d'ufficio e quella del consulente della difesa). Secondo la difesa, sarebbe stata la stessa autrice a cambiare la data, scritta per errore. La seconda data, coerente con la prima "corretta", appare in calce al secondo foglio: questa è stata scritta da Bassetti. Secondo l'accusa, la data scritta in origine sarebbe 8/11/2005.

Il dato è dirimente, perché nel dicembre del 2006 (cioè a cavallo tra le due date) la signora Pasolli Rosà aveva depositato un altro testamento, in cui il nipote Augusto figurava tra i beneficiari, ma doveva spartire l'eredità - una casa e i risparmi dell'anziana zia, vedova e senza figli - con una serie di enti e associazioni. A suo tempo, il testamento era stato impugnato da una pronipote, che in seguito aveva ritirato la querela. Ma tanto era bastato per dare avvio ad una serie di verifiche da parte della magistratura.

Si era così scoperto l'inghippo, e Bassetti aveva ammesso di aver apposto di suo pugno la data sul secondo foglio. Un gesto sconsiderato, perché in questo modo non solo ha rimesso in gioco l'intera eredità cui avrebbe avuto diritto (e che ora dovrà essere invece definita in sede civile, in tribunale) ma è finito a processo con l'accusa di falsità in scrittura privata equiparata agli atti pubblici. Il giudice Michele Cuccaro ha condannato Bassetti ad una pena mite (in teoria rischiava oltre 10 anni di reclusione), ma che certo pregiudica l'esecuzione testamentaria a suo favore.













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