Eredità milionaria, battaglia giudiziaria fra Trento e Cortina

La famiglia di un ricco dirigente veneto porta in tribunale il figlio (trentino) del parente defunto e chiede il test del Dna



TRENTO. Sembra una storia degna di Beautiful o del bellissimo film del grande Mario Monicelli «Parenti serpenti». Invece è terribilmente reale, con tanto di battaglie legali, test del dna e un tesoro di un miliardo e mezzo di vecchie lire scomparso nel nulla. Al centro c’è un’eredità milionaria lasciata da un ricco cortinese alla moglie, alle tre figlie nate all’interno del matrimonio e a un figlio trentino nato da una relazione extraconiugale con una donna di Dobbiaco. Tutto ha inizio con la morte dell’uomo, un ex dirigente nonché notabile democristiano, residente a Cortina da generazioni e proprietario di case, terreni, di un campeggio e anche di una discreta fortuna in contanti. L’uomo è morto a ottant’anni nel 2007, dopo una lunga malattia. Ha lasciato la moglie, tre figlie e un figlio. Quest’ultimo, che ha 35 anni e vive a Trento, è nato da una relazione extraconiugale del cortinese con una donna della val Pusteria. Il padre riconobbe il bambino quando questi aveva quattro o cinque anni. Non lasciò mai la moglie ed è sempre rimasto a vivere con la famiglia originaria. Ma non si è mai dimenticato del figlio maschio. Il bambino, dopo il riconoscimento, passava tutte le estati con la famiglia del padre, a Cortina. Tutte le incomprensioni e le gelosie sembravano superate. Il bambino, che ormai portava il cognome del papà, è cresciuto, si è fatto una vita e poi si è stabilito a Trento, dove si è sposato. Sembrava avere un ottimo rapporto con la famiglia del padre. Ecco perché, alla morte del genitore, è caduto dalle nuvole quando le sorelle e la moglie del padre gli hanno fatto causa. Il ricco cortinese aveva lasciato un testamento olografo scritto di suo pugno e poi consegnato in busta chiusa al figlio il quale, a sua volta, lo aveva depositato presso un notaio di Trento. L’anziano lasciava alla moglie un appartamento con giardino al primo piano della casa di famiglia, a Cortina, per un valore di un milione e mezzo di euro oltre a vari terreni. Ad altre due figlie lasciava altrettanti appartamenti nella stessa casa per un valore stimato da un perito in un milione di euro ciascuno. Alla terza figlia, l’uomo ha lasciato la somma di un miliardo e mezzo di lire depositato in un conto cifrato in una banca austriaca. Al figlio l’uomo ha lasciato una piccola somma e due appartamenti, una mansarda nella casa di famiglia a Cortina e un appartamento a Dobbiaco dove vive la madre dell’uomo.

La moglie dell’anziano e le figlie hanno fatto causa al trentino, difeso dalla combattiva avvocatessa Maura Cravotto, sostenendo che non era figlio dell’anziano morto. La causa si è tenuta davanti al giudice Anna Mantovani di Trento che ha disposto il test del dna sui reperti istologici dell’anziano conservati in ospedale. E’ emerso che il trentino è figlio del cortinese al 99,99 per cento. Per questo la moglie e le figlie dell’anziano hanno perso la causa e la giudice le ha condannate a pagare, oltre alle spese della controparte, anche 15 mila euro per causa temeraria. Ma il peggio doveva ancora venire. La famiglia cortinese sostiene che il miliardo e mezzo nel conto cifrato austriaco non esiste e non è mai esistito. Per questo ha fatto causa davanti al giudice di Belluno Marcello Coppari impugnando il testamento. La famiglia sostiene anche che alcune parole del testamento sono state ripassate a penna e per questo sarà necessaria una perizia calligrafica. Insomma, aveva ragione Mario Monicelli.

(u.c.)

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