L'INCHIESTA

Doping nelle palestre batosta in Corte d’appello

Forti condannato a 20 mesi, Chistè e Corbo a un anno: riconosciuta l’associazione Tommasi, Scarpelli e Coletta a 10 mesi e 20 giorni. In primo grado 2 mesi per tutti



TRENTO. In primo grado erano stati assolti dall’accusa legata al doping e all’associazione a delinquere ed erano stati condannati a due mesi per commercio illecito di farmaci. Ma i giudici d’appello non hanno considerato nel medesimo modo la vicenda condannando i sei imputati anche per il commercio di farmaci dopanti. E per tre hanno riconosciuto anche l’associazione. Un secondo grado che ha cambiato decisamente le conseguenze giudiziarie dell’operazione «Minotauro» dei Nas conclusa nel maggio del 2012 dopo mesi di indagine. E con imputati eccellenti nel mondo del bodybuilding. Primo fra tutti Piero Forti preparatore atletico sessantenne molto conosciuto non solo a Trento ma anche nel resto d’Italia. Per lui la corte d’appello (composta dai giudici Genalizzi, Creazzo e Collino) ha deciso una condanna ad un anno e otto mesi e al pagamento di una multa da 8 mila euro. A lui viene «conteggiata» anche l’associazione come a Roberto Chistè e a Giuseppe Corbo che sono stati condannati ad un anno e a 5 mila euro di multa. Per la sola accusa di commercio di farmaci dopanti sono stati invece condannati Marcello Tommasi, Tommaso Scarpelli e Gaetano Coletta a dieci mesi e 20 giorni di reclusione e al pagamento di 4 mila euro di multa ciascuno.

A presentare appello dopo la sentenza in primo grado firmata dal giudice Ancona, era stata la procura (a sostenere l’accusa erano stati il procuratore capo Amato e il sostituto Ognibene) argomentando a lungo la decisione. Partendo dal fatto che l’articolo 9 non prevede la finalità sportiva della cessione di farmaci dopanti. Ossia non è «obbligatorio» per parlare di doping che i farmaci servano per alterare le prestazioni in competizioni. E poi c’è il punto sul reato associativo, che per la giurisprudenza si può ottenere - si spiega nel ricorso - anche alla luce di un’organizzazione seppure minima. A sostenere le tesi dell’accusa in appello è stato il sostituto procuratore generale De Benedetto, che si è confrontato con gli avvocati dei sei imputati. Un’udienza molto lunga e ricca di argomentazioni alla quale è seguita una camera di consiglio altrettanto lungo. E al termine la lettura del dispositivo che ha cambiato completamente la decisione del primo grado. E ora per avere le motivazioni della sentenza sarà necessario attendere novanta giorni.

L’indagine dei carabinieri dei Nas era nata da una segnalazione che raccontava di un negozio della città dove oltre ad integratori legali e vendibili tranquillamente, si può avere una consulenza extra. A farla sarebbe stato Piero Forti, preparatore atletico. Lui avrebbe fatto delle vere e proprie diagnosi - pur non essendo medico - fornito delle prescrizioni dietetiche e quindi anche degli anabolizzanti. A rivolgersi a lui decine e decine di giovani e meno giovani. Non erano persone che volevano eccellere negli sport, ma piuttosto persone che volevano faticare di meno per raggiungere l'obbiettivo o che volevano semplicemente un bel risultato estetico. Un giro d’affari - era stato spiegato dai carabinieri - da circa 300 mila euro in meno di un anno.

Dopo l’indagine c’erano stati gli arresti (erano stati 14 quelli interessati) e quindi il primo processo dove le pene erano stata decisamente lievi. E poi mercoledì la batosta in appello.













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