«Detenuti maltrattati», agenti contro Ramponi

I sindacati della penitenziaria hanno presentato una querela in procura contro le parole dette dal primario del pronto soccorso in commissione



TRENTO. Il verbale della prima commissione del consiglio provinciale diventa parte integrante di un esposto firmato da una rappresentanza degli agenti della polizia penitenziaria in servizio al carcere di Spini. Verbale che «racconta» la seduta durante la quale è stato ascoltato il dottor Claudio Ramponi che, oltre a dirigere il pronto soccorso del Santa Chiara, è responsabile dell’assistenza sanitaria in carcere. In quel contesto, rispondendo a delle domande avrebbe rilevato (così si legge) l’esistenza di «problemi relazionali fra detenuti e agenti da cui sono maltrattati, ma anche faide tra detenuti». Una frase che ha gelato il sangue di molti agenti che lavorano a Spini e che ha spinto i rappresentanti sindacali a cercare di capire come sono andate le cose. «Vogliamo che emerga la verità - spiega Massimiliano Rosa segretario provinciale del Sappe - perché le parole del dottore sono molto pesanti. Le accuse che muove oltre che essere offensive e diffamatorie della nostra professione, sono del tutto prive di fondamento e calunniose». Parla di sdegno il segretario del Sinappe, Andrea Mazzarese. «Sono - scrive in un comunicato - racconti fantasiosi, che danno in pasto all’opinione pubblica la visione totalmente distorta di onesti poliziotti trasformati in carnefici che invece proprio nel corso dell’ultimo anno hanno subito in più circostanze veramente molte aggressioni verbali e fisiche. Colleghi presi a sputi, a morsi o a pugni che sono dovuti ricorrere alle cure del pronto soccorso, sempre regolarmente denunciate in procura. Non ci risultano invece denunce da parte dei detenuti».

Questa la situazione che ora è diventata anche un’esposto «trasversale» presentato ieri mattina in procura e che, spiega Rosa, «serve per fare chiarezza su quanto detto e su quanto invece succede all’interno della struttura di Spini». Rosa che ha anche scritto al provveditore dell’amministrazione penitenziaria al quale viene chiesto di valutare l’opportunità - vista la situazione che si è creata - della presenza del dottore all’interno del carcere. «Puntare il dito - prosegue Rosa nel suo comunicato - contro operatori che lavorano 24 ore su 24 nelle sezioni detentive, a costante contatto con persone private della propria libertà personale e con tutte le loro problematiche, personali, cliniche e psicologiche è davvero di cattivo gusto e diffamatorio». «Ricordo - sottolinea Mazzarese - che da 6 mesi i detenuti sono passati dai 240 previsti a 350 con enorme difficoltà di gestione. La direzione, i poliziotti penitenziari e tutti i civili che lavorano a vario titolo in istituto hanno fatto e fanno ancor oggi l’impossibile per ovviare a questi problemi, e a loro va riconosciuto questo sacrificio».

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