IL racconto di un’insegnante

«Così sono costretta a lasciare la scuola»

La storia di Daniela Matuella, docente di ruolo inviata da Rovereto in Val Rendena: «Troppo distante, dovrò rinunciare»


di Giancarlo Rudari


ROVERETO. Volete sapere come andrà a finire questa storia? Che gli alunni delle medie di Pinzolo e di Spiazzo Rendena si ritroveranno, tempo qualche settimana, con un nuovo insegnante di lettere perché la loro professoressa sarà “costretta” a rinunciare (almeno temporaneamente) alla sua cattedra appena assegnata. Daniela Matuella, roveretana, insegnante di lettere, moglie di Lorenzo Manfredi e madre di una bambina di tre anni e di un ragazzo di otto spiega «il sistema "paradossale" per l'assegnazione degli incarichi ai docenti neo assunti in ruolo, per sottolineare il disagio che tale procedura crea ad insegnanti, alunni e genitori». Lo fa con un lungo intervento firmato da lei e dal collega Andrea Lorenzon.

Matuella è una dei 52 insegnanti di lettere che in provincia (su 180) hanno vinto il concorso per entrare in ruolo. Soddisfatta? «Ci mancherebbe altro. Anche se avrei aspettato ad entrare in ruolo pur di avere un’assegnazione meno disagiata di quella che mi è capitata» replica la prof. Che il 12 settembre prende servizio nella sua scuola (le medie Halbherr a Lizzana) ma il 5 ottobre, convocata per l’assunzione in ruolo, arriva la sorpresa. La destinazione? La Val Rendena. «Luogo incantevole dal punto di vista naturalistico e non solo, ma a quasi 80 km di strada da me, la maggior parte dei quali in montagna. Mi devo presentare nella nuova sede tassativamente il giorno dopo, pena la perdita del ruolo. Potete immaginare il mio sgomento...» spiega l’insegnante che dopo 15 anni di precariato non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione per un’assunzione a tempo indeterminato.

E così il 6 ottobre, dopo un’ora e mezza di macchina, si presenta nella nuova sede «dove vengo accolta con grande cordialità dai colleghi e dal dirigente e mi vengono assegnate le mie nuove classi... Entro in una terza media, comincio a parlare con i 25 alunni e i ragazzi mi dicono che nell’arco di tre anni di scuola media hanno cambiato sette insegnanti di lettere; mi dicono che avendo cambiato così tanti docenti hanno perso tempo, che è stata una grande fatica perché con ogni docente si ripartiva sempre da capo».

Così Matuella («a malincuore») ha lasciato le sue classi a Rovereto prendendo il posto dell’insegnante supplente che ha sua volta ha dovuto lasciare le sue in Val Rendena. «Ma il prima possibile anche io (che sono appunto mamma) intendo chiedere il trasferimento in una sede più vicina alla mia famiglia e sarò così costretta, mio malgrado, a “tradire” i miei studenti che sono estranei alla perversa logica delle graduatorie, dei concorsi, dei trasferimenti, delle assegnazioni provvisorie...» spiega la professoressa. Che aggiunge: «Il mio lavoro mi piace ma sarò “costretta” a rimanere a casa visto che ho una famiglia con dei figli piccoli. Quali sono le alternative? Impossibile andare avanti e indietro tutti i giorni con tre ore di auto; prendere in affitto una stanza o un monolocale e non vedere per tutta la settimana i miei figli oppure prendere aspettativa con un congedo parentale. Ed è quello che sarò costretta a fare...

Posto che il meccanismo dei concorsi, pur con ampi margini di miglioramento, «appare chiaramente indispensabile, i criteri per l’assegnazione della destinazione degli insegnanti non potrebbero però essere ripensati e resi più “a misura d’uomo”? Perché mai, dato che la graduatoria ha validità pluriennale, fossilizzarsi sul rigore burocratico e impedire ad esempio a due candidati collocati in posizioni distanti della graduatoria, in presenza di accordo, di invertire le medesime, in modo da accontentare tutti: studenti, genitori, docenti?». Perché, si chiede con un esempio Matuella, non possono “scambiarsi” l’ordine di assunzione (se d’accordo) due docenti che devono trasferirsi da un capo all’altro del Trentino (con tutti i problemi legati all’orografia del territorio e ai collegamenti) in modo da evitare disagi per tutti...? «L’insegnamento è una professione che si svolge per vocazione, certo; ma anche l’insegnante - conclude Daniela Matuella e con lei Andrea Lorenzon - è in primo luogo un essere umano, che deve essere messo nelle condizioni di poter svolgere il proprio mestiere con soddisfazione e dignità. Ci auguriamo veramente che il sistema cambi, e per questo rivolgiamo un appello a chi detiene un potere decisionale o consultivo, perché vengano introdotte norme di maggior flessibilità e ragionevolezza, che rendano la scuola davvero “buona” per tutti».

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