elezioni provinciali

Corsa alla candidatura: Fratelli d’Italia diventa un taxi?

La folla di sindaci ed ex amministratori che cercano una candidatura in ottobre costringe il partito di Giorgia Meloni a delle scelte: restare un partito di destra o diventare un grande contenitore di tutto un po'? L'analisi del direttore Paolo Mantovan


Paolo Mantovan


TRENTO. Qualcuno, ne siamo certi, ricorderà la celebre frase di Enrico Mattei: «Uso i partiti allo stesso modo di come uso i taxi: salgo, pago la corsa, scendo». Ecco, questo è ormai il comportamento generalizzato di tanti “politicanti”, gente che, crollate le ideologie, passa da un partito o movimento all’altro pur di prendere al volo una poltrona che vale cinque anni di potere e un tot di denari. Il taxi, oggi, rischia di diventarlo Fratelli d’Italia, assaltato dalle mire d’elezione di tanti ex amministratori o sindaci che hanno perso o stanno per perdere la seggiola. E il rischio FdI lo corre perché in una fase di crescita si rimane sempre lusingati dai nuovi arrivati, perché con la loro richiesta d’ingresso da un lato certificano che il partito è davvero in salute (di solito i politicanti volponi o presunti tali fanno bene i loro calcoli) e dall’altro lato portano un pacchettino di voti mai disprezzabile. Nelle ultime settimane la processione di sindaci ed ex amministratori verso le porte di Fratelli d’Italia si fa sempre più lunga, fra chi prepara intese in loco e chi invece salta la fila assicurandosi colloqui con i colonnelli del partito a Roma. 

E così Fratelli d’Italia si trova all’improvviso di fronte a una duplice sfida: la prima riguarda l’alleanza che non c’è (tuttora FdI sta facendo una corsa solitaria con la sua candidata presidente Francesca Gerosa); la seconda sfida riguarda la sua stessa fisionomia. Sì, la fisionomia del partito: restare un partito di destra, costruito sui militanti e sulle esperienze degli ultimi anni, sulla leadership di Giorgia Meloni, oppure divenire un grande contenitore di tutto un po’, con tanti “clandestini” a bordo?

Il termine “clandestini”, lo comprendiamo, può apparire un po’ forte. Ma il pensiero va ai militanti di Fratelli d’Italia, che da anni seguono, sia tra i flutti in tempesta che sulle onde del consenso, la linea politica del partito che persegue valori ben definiti, di una destra senza se e senza ma. Poniamo che alcuni di questi amministratori o ex amministratori sbarcati all’ultimo istante vengano eletti in ottobre: che cosa rappresenteranno costoro per i militanti storici? E che cosa rappresentano adesso per il partito nel momento in cui molti di questi sono in primo luogo certamente amministratori navigati, ma provengono da altri lidi e concepiscono Fratelli d’Italia come un contenitore, e in secondo luogo sono specializzati nell’esercizio del “prenditore” di voti, da spostare di qui o di là a seconda delle convenienze del momento? E che cosa possono dare, infine, a un partito che ha un’identità ben chiara e che vuole governare il futuro? Che cosa portano di nuovo rispetto a una capacità di visione o di prospettiva? A Fratelli d’Italia servono quei pacchettini di voto usa e getta? Non li ha già i voti? E allora è ovvio che uno come Christian Girardi (sindaco di Mezzolombardo nonché da sempre delfino del compianto Rodolfo Borga) o come Carlo Daldoss (già assessore provinciale, su chiamata diretta di Ugo Rossi, nonché lì lì per divenire il candidato presidente di civici e centrosinistra cinque anni fa) che mai sono stati visti dentro Fratelli d’Italia sarebbero presenze sconosciute, incomprensibili e poco coerenti con la storia del partito e di tanti militanti. L’operazione di Girardi e Daldoss è legittima e comprensibilissima dal loro punto di vista. Il vero interrogativo è se ciò che sta accadendo vada bene al partito. E difatti Cristian Zanetti, vicecommissario di FdI, l’altro ieri ha urlato la sua rabbia: «Apprendo con tristezza, la notizia di viaggi nella nostra amata capitale, Roma, di pseudo-esponenti di una ex margherita i cui petali oramai sono morti, presso la nostra segreteria nazionale di FdI cercando di mendicare, come al solito, l’agognata poltrona! Mi allarma come certe manovre, siano fatte con l’aiuto della tenebra proprio perché sono evidenti le loro incompatibilità con chi sostiene i valori e gli ideali della destra naturale e patriottica». Parole secche, che tradiscono il nervosismo nel partito.

Ma ora è giunto il momento di scegliere per Fratelli d’Italia. Perché va trovato un punto di equilibrio fra il divenire un taxi, un contenitore “alla margherita” o non mettere in discussione la barra dritta del tricolore con fiamma.

Quanto ai candidati c’è già la folla. Iniziamo da Francesca Gerosa. È la candidata presidente. E se dovesse fare un passo indietro per favorire la riunificazione della coalizione, il partito non potrà non offrirle la posizione di capolista, anche solo per coerenza rispetto alla scelta di partenza. Poi c’è Claudio Cia (capogruppo in consiglio provinciale) che si sente forte di un accordo raggiunto due anni fa, quando sciolse il suo “Agire” dentro Fratelli d’Italia. L’accordo gli avrebbe assicurato il ruolo di capolista: oggi però tante cose sono cambiate, il partito viaggia ad altre cifre e anche se lui rimane un elemento importante è difficile immaginarlo capolista al posto di Gerosa, semmai co-capolista, ma in seconda posizione. Quindi abbiamo le due consigliere provinciali uscenti: Katia Rossato (che potrebbe avere un buon bacino di voti a Trento, ma siccome è una fuoriuscita della Lega potrebbe anche averne persi un po’ per strada – o recuperati, dipende dai punti di vista dell’elettore) e Bruna Dalpalù (subentrata in consiglio ad Alessia Ambrosi, nonché già consigliera comunale a Cavalese). Un candidato pressoché sicuro, con pedigree, è Marco Zenatti (più volte candidato sindaco per la destra a Rovereto e ora presidente di FdI sempre a Rovereto) così come un buon pretendente a un posto al sole è il già citato Cristian Zanetti (consigliere comunale a Trento di FdI oltre che vicecommissario, amato sia da ex forzisti che da militanti della destra più destra), così come Giuseppe “Pino” Urbani (anche lui consigliere comunale a Trento) e ancora Paola Depretto (già candidata sindaco del centrodestra a Mori e responsabile del Dipartimento Pari Opportunità e Famiglia di FdI).

Poi – sugli aspiranti o papabili candidati – è tutto un fiorire di sindaci, vicesindaci ed ex amministratori. Si comincia da Walter Clauser (vicesindaco di Borgo d’Anaunia, già elemento di spicco di Agire) e si passa a Federico Secchi (già sindaco di Avio), a Gianluca Frizzi (già sindaco di Tenno), per non tacer di Christian Girardi, per l’appunto, arrivando fino a Carlo Daldoss. Si rincorrono poi le voci di una possibile candidatura anche per Daniele Biada (sindaco di Campodenno) e per Luca Zini (sindaco di Cavareno), così come per il presidente del Parco Adamello Brenta, Walter Ferrazza. C’è chi cita anche Monica Marinelli, vicesindaco di Ville d’Anaunia, un tempo d’area grisentiana. L’affollamento in alcune aree (specialmente in Val di Non e Sole) fa ritenere che qualcuno potrebbe anche ritirarsi prima che la proposta di candidatura si formalizzi.

Ma passiamo ad altri tre possibili candidati ritenuti di alto profilo. La prima è senza dubbio Alessia Ambrosi, la deputata di Fratelli d’Italia nonché ex consigliera provinciale della Lega, che è considerata una risorsa per il partito: a Roma è spesso al centro dei suoi tweet (la farina di grilli che è di sinistra e le multe dell’autovelox del Comune di Torri del Benaco) mentre in chiave provinciale potrebbe offrire competenza e attivismo. Quindi c’è il ritorno sulle scene, annunciato attraverso l’ennesima sua creatura ossia gli “Autonomisti di destra”, di Giacomo Bezzi (candidatura che ora però, con l’irruzione di Carlo Daldoss, si gioca sul filo del rasoio visto che entrambi surfano principalmente sul bacino della Val di Sole). E infine ci potrebbe essere il colpo di scena di una candidatura di Franca Penasa, la “pasionaria”: al partito darebbe un peso specifico sul piano dell’esperienza e della competenza.

Ieri intanto il commissario Alessandro Urzì ha inviato una nota con cui prende tempo. «Sul tavolo del coordinamento provinciale di Trento, così come su quello nazionale, sono affluite numerose proposte che costituiscono l’espressione di un crescente interesse per FdI» spiega Urzì. E aggiunge: «Ovviamente queste disponibilità si affiancano a quelle delle risorse interne al partito e che già svolgono funzioni di rappresentanza istituzionale e di responsabilità interna a FdI.Tutte le candidature verranno esaminate».

Una presa di posizione, si potrebbe dire, “democristiana”.

 













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