Coop sociali, taglio ai finanziamenti

Dal Punto d’Incontro a La Rete, terzo settore in affanno per il calo di risorse pubbliche: «Di questo passo, servizi a rischio»


di Chiara Bert


TRENTO. C’è chi, come il Punto d’Incontro, ha i finanziamenti pubblici, tra Provincia e Comune, fermi dal 2009: tra aumento dell’inflazione e un minimo aumento degli stipendi dei dipendenti, significa un 10 per cento di risorse in meno in quattro anni. E c’è chi, come La Rete, che dipende dai finanziamenti comunali, ormai fa i conti con un bilancio in calo del 2% ogni anno. È un’erosione di risorse silenziosa, quella che accomuna le (fortunatamente) tante realtà del sociale in Trentino, associazioni e cooperative che si occupano di accoglienza, minori, disabilità, fragilità. Non ci sono stati tagli drastici, ma la diminuzione delle entrate è costante, da anni, a fronte di bisogni che invece continuano ad aumentare, qualche volta in modo esponenziale: che siano i poveri alla ricerca di un pasto caldo o di una doccia al Punto d’incontro di via Travai, ragazzi a rischio, disabili in lista d’attesa con le loro famiglie per essere inseriti in progetti di supporto e di socialità.

Tra chi lavora in queste realtà la preoccupazione per il futuro è palpabile. Ieri vi abbiamo raccontato la situazione del Centro Franca Martini, struttura all’avanguardia che si occupa di malati di sclerosi multipla o con problemi motori. Da tre anni la Provincia non adegua il contributo per la retta diurna del centro alloggi, e questo sta mettendo in seria difficoltà finanziaria il centro, e il posto di lavoro di 15 persone.

Del tutto simile la situazione del Punto d’Incontro. Gli stanziamenti pubblici sono fermi al 2009, nell’ordine di 800-900 mila euro all’anno, spiega il direttore Alberto Cortelletti. «Di anno in anno, senza recuperare l’inflazione, il calo è stato del 7,5-8%. In più alcune spese non vengono riconosciute. I nostri dipendenti hanno avuto un piccolo aumento salariale dell’1%, che porta il bilancio a un 10% in meno se rapportato con il 2009». A fronte di un lavoro che invece è in aumento, con sempre più persone che la crisi economica e la perdita del lavoro spingono verso un luogo di accoglienza come il Punto d’incontro, pranzi, docce, vestiti, ma anche laboratori socio-lavorativi, di artigianato artistico, restauro, falegnameria. Proprio i laboratori, dal 2013, non sono più finanziati dalla Provincia ma dal Comune di Trento: che a inizio anno ha chiarito che le risorse sarebbero state dell’1,5% in meno di quanto versava Piazza Dante e senza possibilità di integrazioni.

«I costi purtroppo non li decidiamo noi - spiega Cortelletti - tra l’altro noi lavoriamo in convenzione con l’ente pubblico e questo ha un effetto per esempio per quanto riguarda gli aumenti contrattuali». Il direttore riconosce che, in caso di sforamenti del budget preventivato, la Provincia ha sempre dimostrato disponibilità a intervenire con risorse aggiuntive di fronte a una domanda motivata. «Ma non è così facile, perché significa aspettare fine anno per essere sicuri di non starci dentro». Così negli anni passati si è cercato di evitare, fino a quest’anno, quando la richiesta si è resa indispensabile per far fronte alle spese. «Come noi, anche le altre cooperative sociali non hanno scialato. Con Don Dante se si spendeva qualcosa in più era per il cibo per gli ospiti».

Gli spazi per limare sono finiti: «Quello che potevamo fare l’abbiamo fatto - assicura il direttore - invece di 2 o 3 fornitori ne abbiamo più di dieci, per cercare il prezzo più basso. Ma anche qui con effetti a volte perversi, per cui l’azienda che non ce la fa più a reggere certi ribassi è costretta a licenziare o a ridurre le paghe».

Nella stessa condizione del Punto d’incontro si trovano anche le altre cooperative sociali, da La Rete a La Bussola, da Murialdo a Progetto ’92. Tutte accomunate da finanziamenti fermi da anni. «E la preoccupazione - confessa Cortelletti - è che si vada sempre più verso conti a retta». La pulce all’orecchio è già arrivata: il Comune potrebbe finanziare solo interventi per persone residenti a Trento, o sulla base dell’effettiva frequenza dei corsi. Per ora non è così, ma per il futuro nulla appare garantito. Il tavolo di lavoro che raccoglie i laboratori socio-occupazionali (tra gli altri Cooperativa Alpi, Murialdo, Progetto ’92, Gruppo 78) sta cercando di ragionare con il Comune per valutare le attività portate avanti non solo in termini di costi ma del loro valore sociale. Uscendo così da una logica puramente economica.

«I bisogni aumentano, noi abbiamo una lista d’attesa di 24 famiglie»,ricorda Mauro Tommasini, coordinatore della cooperativa La Rete che dal 1988 offre servizi di sostegno alle persone con disabilità e alle loro famiglie. «Ogni anno facciamo i conti con il 2% in meno di finanziamento dal Comune e l’inflazione che sale del 3%. Certo che siamo preoccupati, andando avanti di questo passo ci saranno servizi che non potremo più garantire». «Il rischio - continua Tommasini - è che il terzo settore diventi la ruota di scorta, chiamato a fare ciò che l’ente pubblico non riesce più a garantire, e questo è pericoloso. Invece ognuno ha responsabilità diverse, l’ente pubblico ha il dovere di occuparsi di chi vive situazioni di difficoltà, come i disabili. Ci sono attività che richiedono operatori professionali e altre che vivono dell’apporto dei volontari». Ma la crisi, con il conseguente calo di risorse pubbliche - evidenzia il coordinatore della Rete - «ha anche allargato le fragilità e questo apre spazi enormi di sensibilizzazione»: «Come terzo settore oggi è importante chiamare a raccolta cittadini e imprese perché tutti si sentano più corresponsabili».

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