Comunità di valle, stop a tutte le indennità

Divina: il decreto parla chiaro. Gilmozzi: il problema c'è, dobbiamo approfondire



TRENTO. Il decreto non sembra interpretabile: «La titolarità di qualsiasi carica, ufficio o organo di natura elettiva di un ente territoriale non previsto dalla Costituzione è a titolo esclusivamente onorifico e non può essere fonte di alcuna forma di remunerazione, indennità o gettoni di presenza». Manovra, articolo 23, comma 20. Quasi un epitaffio: da apporre sulla pietra tombale delle Comunità di valle. Così la pensa Sergio Divina, senatore della Lega Nord, che ieri appena letto il testo del decreto non ha perso tempo nell'inviare un comunicato soddisfatto: «Non essendo le Comunità di valle enti territoriali previsti in Costituzione, ricadono espressamente sotto la scure della manovra governativa, e non essendovi date per l'entrata in vigore di questa specifica norma, la stessa scatterebbe con l'entrata in vigore del decreto legge».

Ma stanno davvero così le cose? Il fatto che l'articolo 20 sia quello relativo ai tagli agli organi delle Province di per sé dovrebbe far pensare. E il problema in effetti c'è. Lo conferma l'assessore provinciale agli enti locali Mauro Gilmozzi. Che parla di necessità di approfondire «il significato attribuito dalla manovra ad enti territoriali non associativi», ammettendo che andrà capito «se si tratta effettivamente di norme di principio a cui armonizzare la nostra legislazione». Tanto che gli uffici provinciali stanno già studiando la situazione.

La questione è sottile. Regione e Provincia hanno in effetti potestà ordinamentale esclusiva: nessun problema insomma circa la legittimità dell'esistenza delle Comunità di valle. Ma la remunerazione di chi le guida e di chi ne compone le assemblee, anche quella è di fatto sottratta all'intervento dello Stato? Divina è convinto del contrario: «Se Gilmozzi pensa di cavarsela sostenendo che la competenza è provinciale, significa che vive sulla luna - afferma il senatore leghista - nulla quaestio sulla possibilità di istituirle, retribuirne gli organi è però ora vietato dallo Stato». Il che, detto per inciso, riguarderebbe anche i consigli circoscrizionali, istituzioni che in Trentino esistono a Trento e Rovereto.

Potrebbe insomma non servire il referendum promosso dal Carroccio per chiederne l'abolizione, che dovrebbe svolgersi la prossima primavera: «Le Comunità di valle cadranno da sole - sostiene Divina - tra l'altro a giorni dovremo avere anche il via libera dal Comitato dei saggi (l'organismo composto da tre giuristi chiamato a vagliare l'ammissibilità del referendum, ndr), che ci ha chiesto solo di rendere più chiaro il quesito». Comunità di valle senza compensi per assessori e consiglieri? E chi glielo andrà a dire, ora, a tutti quegli eletti? Sergio Menapace, presidente della Comunità della valle di Non, rilancia: «Quel comma del decreto è in contraddizione con quello che lo precede». Cioè il 19. Che però recita così: «I Comuni possono istituire unioni o organi di raccordo per l'esercizio di specifici compiti o funzioni amministrativi garantendo l'invarianza di spesa». Impossibile farlo con 15 Comunità, altrettante giunte e altrettante assemblee.













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