Città torride, è «colpa» dell’umidità 

Andrea Piazza di Meteotrentino: «Ieri temperature percepite vicine ai 40 gradi. La soluzione? Una doccia fredda»


di Pietro Gottardi


TRENTO. «Sembra paradossale, ma è così: si può stare meglio in pieno giorno con qualche grado in più e l’umidità più bassa, che nelle ore serali con le temperature in diminuzione, ma l’umidità che aumenta». A dirlo è il previsore di Meteotrentino Andrea Piazza, che analizza l’ondata di caldo di questa settimana non solo per quanto riguarda le colonnine di mercurio, ma prendendo in esame un fenomeno che spesso si omette: l’umidità relativa, ovvero il rapporto tra la quantità d’acqua presente nell’aria e la quantità massima che potrebbe esserci a quella temperatura. «L’impatto sull’effettiva percezione delle temperature può essere davvero rilevante: specialmente quando fa molto caldo o molto freddo, è un fattore chiave per quanto riguarda le sensazioni che proviamo». L’umidità relativa, dal punto di vista strettamente scientifico, è un dato meno indicativo della temperatura, che è un valore assoluto: se non si specificano i gradi può voler dire tutto e niente, un’umidità del 50% a 12 gradi avrà un impatto totalmente diverso dalla stessa situazione con venti gradi in più. Per esempio, come messo in risalto dal parametro Humidex sul sito web di Meteotrentino, la combinazione tra temperatura e umidità nel pomeriggio di ieri ha portato a “percepire” 37, 39 e 27 gradi rispettivamente a Trento, Rovereto e Malè, anche se la temperatura era minore. «Solitamente i picchi di umidità relativa sono tra notte fonda e primo mattino, poi durante la giornata cala per risalire alla sera – spiega il previsore – e l’effetto tangibile che ha sul corpo riguarda la mancata evaporazione dell’acqua dalla nostra pelle. Quando fa caldo infatti sudiamo e il sudore che produciamo evapora, così da poter raffreddare il nostro organismo. Ma se nell’aria intorno a noi c’è una gran concentrazione d’acqua (alta umidità relativa), questo meccanismo non funziona e si prova una sensazione di caldo afoso o asfissiante. A questo punto, l’unica soluzione è farsi un bagno o una doccia freddi, perché è un po’ come se il corpo avesse bisogno di un aiuto dall’esterno per raffreddarsi. Un processo analogo, anche se di certo non è cosa di cui preoccuparsi in questo periodo, si verifica col freddo: se in inverno camminiamo vicino a un fiume o a un lago, con l’aria intorno a noi molto umida, il maglione che abbiamo addosso si bagnerà, ci isolerà di meno e patiremo di più il freddo. In una fascia compresa tra i 15 e i 20 gradi, invece, il tasso di umidità non ha sostanziali conseguenze per quanto riguarda la percezione della temperatura». Piazza racconta poi di come fino a pochi anni fa si utilizzassero gli igrometri a capelli. «Nonostante ci siano sistemi più moderni, esistono ancora rilevatori che li impiegano. I più adatti sono quelli ricci delle donne di colore: col clima secco si accorciavano, mentre se era umido si allungavano. Come metodo non era accuratissimo, ma permetteva di farsi un’idea generale. Ora invece per effettuare le misurazioni vengono utilizzati gli igrometri capacitivi». C’è poi il problema del ristagno: nelle zone dove l’aria non circola benissimo, il tasso di umidità si alza, e il fatto che Trento si trovi in una conca certo non aiuta. «Un altro fattore rilevante sono i venti – continua il previsore – quelli che provengono da sud generalmente sono più umidi mentre quelli che soffiano da nord, come il Föhn, sono secchi. Importante è anche l’influsso del Lago di Garda, la cui grande massa d’acqua aumenta l’umidità anche in zone non proprio prossime». Piazza conclude però con una lode al Trentino: «A differenza di altri luoghi, nella nostra provincia le onde di calore ed il clima afoso colpiscono solo porzioni ristrette di territorio e quasi esclusivamente nei fondovalle più bassi: basta salire di qualche centinaio di metri di quota e se ne risente molto meno».













Scuola & Ricerca

In primo piano