fragili dolomiti

Cima Undici, crolla una fetta di parete

Il distacco di 75 mila cubi di roccia sulla parte orientale da quota 2450 circa. I geologi: le frane continueranno a lungo


di Paolo Tagliente


VAL DI FASSA. Ancora crolli sulle nostre Dolomiti. Questa volta, a cedere sotto l’effetto del tempo e degli agenti atmosferici, è stata una consistente “fetta” di Cima Undici, nel Gruppo Monzoni Vallaccia, in val di Fassa. Il crollo è avvenuto qualche giorno fa, il 7 luglio per la precisione, sul versante orientale da una quota di circa 2450 metri, ma solo ieri il Servizio geologico della Provincia ha reso noto quanto accaduto. Una frana di notevoli dimensioni che, registrata attorno alle 7.30 del mattino, per fortuna non ha interessato persone o abitazioni della zona.

«Abbiamo calcolato che si siano staccati circa 75 mila metri cubi di dolomie, su un fronte di circa 300 metri, con un’altezza di 50 e uno spessore di 5 – spiega Paolo Campedel, geologo della Provincia – Una gran parte di questo materiale è rimasto lungo la parete, ricoprendo di detriti l’intero versante: ciò vuol dire che in futuro, per un periodo assai lungo, registreremo smottamenti». Una situazione potenzialmente pericolosa, quindi.

«Noi – continua il geologo – come accade sempre in casi simili, abbiamo segnato e delimitato le aree in cui il materiale sta continuando a scendere ed dove è previsto che possa scendere ancora nei mesi a venire. Ora spetta all’amministrazione comunale mettere i divieti e interdire l’accesso alle aree ritenute pericolose».

Un altro crollo sulle Dolomiti, un fenomeno prevedibile? Fisiologico?

«Direi che è fisiologico, ma non prevedibile vista la quantità di montagne presenti sul nostro territorio. È una cosa naturale, insomma, perché le rocce sono vecchie e risentono della storia precedente. In parole povere, sono sottoposte alla grande pressioni dei ghiacci nel corso dell’inverno e, per tutto l’anno, ha notevoli escursioni termiche. Agenti atmosferici che minano costantemente la compattezza della roccia. In questi giorni il materiale continua a precipitare verso valle, anche con massi della grandezza di un metro cubo, e riteniamo che nei mesi invernali questo fenomeno, destinato a protrarsi a lungo, sia destinato a intensificarsi».

E ora, cosa accade? L’area sarà monitorata?

«Riteniamo che il fenomeno più importante si sia concluso – spiega Campedel – e, inoltre, nell’area non ci sono situazioni di potenziale pericolo come potrebbero essere appunto abitazioni o strade. Riteniamo siano sufficienti gli avvisi di pericolo e i divieti.

 













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