Carne salada, così è (quasi) sparita la tradizione trentina 

Il Caso della settimana. Oltre alla materia prima dal Sudamerica, anche la lavorazione si è piegata al mercato con siringatura e “zangolature” che bombano la carne di acqua e sale


Luca Petermaier


Trento. Povera carne salada trentina. Prodotta ormai quasi esclusivamente con carni sudamericane, “maltrattata” dal disciplinare del marchio “Qualità Trentino” che la tutela meno di qualsiasi altro insaccato e pure lavorata ormai senza il minimo rispetto della tradizione centenaria che l’ha resa un prodotto di nicchia del Basso Trentino.

Dell’origine della materia ci siamo occupati ieri. Riassumendo: in Trentino la “vera” carne salada trentina è praticamente scomparsa. Ormai la carne viene quasi completamente importata da allevamenti di bovini del Sudamerica e poi acquistata dai produttori locali.

Carne surgelata

Il disciplinare del marchio “Qualità Trentino” lascia liberi i produttori di comprare la carne dove vogliono, ma pone un divieto: no a carni surgelate. Divieto che rimane solo sulla carta: le carni vengono surgelate dall’altra parte del pianeta, trasportate sulle navi in Europa e da qui finiscono nelle celle frigo dei nostri produttori, dove vengono scongelate e lavorate. Ecco, quest’ultimo passaggio (la cosiddetta “salagione”) compie il miracolo: poiché questa lavorazione in loco altera lo stato fisico del prodotto, allora quella carne è come se non fosse mai stata surgelata. Con una doppia beffa per il consumatore: pur essendo carne marchiata “Qualità Trentino”, sull’etichetta non c’è traccia né dell’origine né del fatto che sia un prodotto scongelato.

Salagioni fai-da-te

Meno male - vien da consolarsi - che almeno la tradizione della salagione viene rispettata. In fin dei conti - qualcuno potrebbe obiettare - di carne trentina non ce n’è abbastanza e dunque va acquistata da fuori. L’importante è che (trattandosi di un prodotto trasformato) questa trasformazione avvenga rispettando la procedura tradizionale. E qui casca l’asino un’altra volta. Vediamo perché.

La salagione con il metodo tradizionale prevede che la carne di manzo salata e aromatizzata sia messa a macerare per circa un mese. Si tratta della cosiddetta lavorazione “a secco”. Questa macerazione naturale porta ad un rilascio graduale dei liquidi in eccesso presenti nelle fibre della carne, lasciandola naturalmente tenera, asciutta e di un inconfondibile marrone scuro.

Siringature e zangolature

Lo stesso disciplinare del marchio “Qualità Trentino” descrive questa lavorazione, vietando di ricorrere alla cosiddetta “siringatura”, ovvero l’immissione del sale in forma liquida (diluito con acqua) attraverso degli aghi. Il disciplinare, tuttavia, non vieta un’altra lavorazione che si chiama “zangolatura”. Di cosa parliamo? Di quel processo per cui la carne viene inserita in un contenitore (la zangola) che viene riempito di acqua salata fino a che il pezzo di carne non l’ha assorbita. Il risultato è una carne più voluminosa, ma dal colore rosso intenso e non marrone e soprattutto che - una volta messa in padella - perde tutto il liquido e si restringe in modo evidente. «Si tratta - spiega Massimo Cis, produttore di salumi di Bezzecca e “custode” della tradizione - di un prodotto più economico ma totalmente difforme dalla tradizione. Inoltre il marchio “Qualità Trentino” non prevede alcun obbligo di indicazione sull’origine della carne e sul metodo di lavorazione. Noi, qui nel Basso Sarca, abbiamo invece creato una denominazione comunale che impone la lavorazione tradizionale».













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