Frontiere

Brennero, il muro avrebbe costi enormi

De Laurentis e Corrarati in coro: il blocco dei mezzi sarebbe pagato da imprese e cittadini. Intermodalità lontana


di Luca Marognoli


TRENTO. Se il fantasma del muro al Brennero, momentaneamente allontanato dall’Austria, dovesse materializzarsi in futuro, le conseguenze per l’economia regionale sarebbero molto pesanti.

Roberto De Laurentis, presidente dell’associazione artigiani, è chiaro: «Avremmo un'evidente necessità di ritoccare le tariffe: il costo di fermo macchina per un'ora e mezzo è di cento euro. E oggi su certi viaggi non ci sono neanche queste marginalità. Si andrebbe quindi incontro a un appesantimento di un settore già in difficoltà e sotto tiro da parte di Austria e Germania, che hanno usato tutte le armi per ostacolare i nostri trasportatori. A livello di concorrenza saremmo penalizzati ulteriormente». Il sospetto è che «gli austriaci controllerebbero i mezzi italiani, non i propri: coglierebbero l'occasione per fare un gioco di bassissimo profilo, che già fecero quando furono introdotti i vincoli per i motori più inquinanti». Il problema è che «l'Italia non ha fatto nulla finora per difendere i nostri trasportatori, a differenza degli Stati vicini».

I mezzi regionali sono pochi - continua De Laurentis - ma «molti sono quelli stranieri che fanno riferimento alle flotte italiane e locali, come Fercam, Arcese e Pedot. Credo sia un settore ancora mostruosamente importanti: basterebbe uno sciopero di tre giorni per mettere in ginocchio l'Italia. Oggi tutto è legato al just in time». E la “scappatoia” dell’intermodalità? «Alcune tratte ci sono, come quella da Trento a Wörgl, ma è ancora poca roba. E il fresco, che oggi è molto più di un tempo, è impossibile da trasportare con la lentezza della ferrovia».

Per Claudio Corrarati, presidente degli artigiani Cna, eventuali blocchi alla frontiera colpirebbero «un settore già aggredito da una concorrenza sleale, dove i trasportatori esteri praticano il cabotaggio, ricaricando i propri mezzi e facendo altre consegne sul territorio italiano a costi più bassi». Incidere sulla libera circolazione porterebbe a danni molto gravi: «Il 55% della merce del Nord-Est viene esportato in Austria, Germania e Svizzera. Essendo l’export aumentato del 9,8% negli ultimi due anni, con dei blocchi calerebbe ulteriormente un settore che fa da traino all'economia locale».

Poi ci sarebbero i danni indiretti, «come le code per i veicoli privati che scoraggerebbero il turismo mordi e fuggi, e gli incolonnamenti dei camion in galleria, con gravi rischi per la sicurezza». Nonostante il rischio immediato del muro sia stato allontanato, Corrarati insiste sulla necessità dei controlli: «Noi chiediamo che vengano comunque eseguiti perché non accada che eventuali persone nelle piazzole di sosta si infilino nei mezzi dei nostri trasportatori, che rischierebbero denunce e il sequestro del mezzo. Occorre intervenire con termocamere e creare corsie preferenziali».

I mezzi pesanti che passano dal Brennero sono 532 all'ora. Fra Trentino e Alto Adige sono circa 1900 le aziende impiegate nel settore dei trasporti, «ma solo negli ultimi 5 anni c'è stato un calo del 7,5%. Dobbiamo quindi tenere alta l'attenzione», continua Corrarati. Che spiega: «In caso di muro si parla di un 10-12% di aumento costi e chi ne farebbe le spese sarebbero le aziende e i cittadini. Per 10-12 anni la gomma resterà primaria: è un settore strategico e senza alternative. Inoltre la merce ordinata online è in continua crescita: non si può pensare di mettere stanghe e blocchi. Il concetto non è di fare bene o male i compiti, come dice l'Austria, ma di non creare muri per un'economia che non è uscita dalla crisi e ha bisogno di tornare a far circolare merce».

L’eventualità di lunghi stop al confine è stata analizzata dalle categorie. «Abbiamo fatto degli incontri sia con gli industriali che con gli artigiani per vedere se ci sia la possibilità di passare all'intermodale», dice Andrea Pellegrini, vicepresidente Fai Conftrasporto. «Non sarebbe facile, perché vorrebbe dire stravolgere le aziende. Le ferrovie chiedono garanzie di numeri che noi non possiamo dare, soprattutto in questo momento di crisi». Attualmente «l'intermodalità pura (con mezzo non accompagnato) si effettua solo con carico a Verona. Abbiamo cercato di ragionare sullo scalo di Roncafort, dove si fa solo l'accompagnato (trattore e semirimorchio vengono caricati assieme): ogni giorno si fanno tre convogli in andata e tre in ritorno, una percentuale minima».













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