Barbieri, da Masterchef al Mart

Il cuoco stellato racconta come prepara i suoi piatti. «Fate bene a cucinare a casa, è divertente...»


di Giancarlo Rudari


ROVERETO. Bruno Barbieri da Mastechef a Mart per conquistare il pubblico e soddisfare i palati (per chi non è riuscito a prenotarsi la cena al ristorante Novecento) dei molti suoi ammiratori. Lui una star della tv e una stella (anzi, sette stelle Michelin) in cucina non ha deluso le aspettative: quel giudice più amato («solo perché sono più buono degli altri...») si è destreggiato tra le sale della mostra “Progetto cibo” («avete fatto una cosa unica e bellissima, complimenti») prima di mteersi ai fornelli per preparare sotto gli occhi curiosi ed attenti di decine di persone le sue “uova in cocotte con fonduta di gorgonzola al profumo di bacon e nocciole tostate” e il suo “cannolo di mandorle con ricotta all’arancia e pistacchi in un frullato di mele e frutti di bosco sciroppati” aiutato da Oris Portanova di Mantova e con i vini della Cantina d’Isera e Letrari e Ratafià dMarzadro.

Com’è cucinare in tempi di crisi, con la gente che frequenta meno i ristoranti?

Un po’ di colpe le abbiamo anche noi. Abbiamo estremizzato troppo il concetto gastronomico e ridotto il ristorante ad una situazione che non va bene. Non si può pretendere che il cliente sappia cos’è il rombo chiodato o conosca i vitigni del Chianti o del Barolo. I ristoranti li abbiamo svuotati noi e la gente finalmente fa di più la spesa perché ha capito che cucinare a casa è divertente. Perché anche in questo modo si valorizzano i prodotti del territorio che vuol dire storia, cultura, tradizioni... Eppoi al ristorante ci va lo stesso.

Che ne pensa di tutte queste trasmissioni dove ci si improvvisa cuochi?

La moda gastronomica in tv è straordinaria. Vanno bene anche le trasmissioni come quelle della Clerici quando si parla di cibo e si lanciano messaggi giusti che raccontano una storia importante. Ma, come dico spesso, cuochi si nasce, non si diventa. Tutti possono diventare bravi cucinieri.

Come è nato il suo amore per la cucina?

Devi sentirlo dentro, fin da piccolo come è capitato a me. Mio padre mi voleva ingegnere, ma ora è orgoglioso del lavoro che faccio (è titolare del ristorante Cotidie a Londra ma presto pensa di rientrare in Italia ndr). Questo è un mestiere che da molto ma che chiede anche molto. Non è facile diventare un grande chef di fama mondiale e non vorrei che tanti ragazzi vivano nell’illusione di diventare tutti i Balotelli o i Maradona dei fornelli...

Quali sono gli elementi che compongono i suoi piatti?

Tutto cuore e poco cervello. Non amo l’estremismo gastronomico. Voglio piuttosto, attraverso i miei piatti, raccontare la storia dei produttori degli ingredienti che utilizzo. Il cibo è il punto di partenza per ricostruire il nostro paese: quando si parla di made in Italy non ci sono solo Ferrari, Armani o Dolce e Gabbana, ma tanta gente che produce ottime cose. Un valore immenso.

Come prepara i suoi piatti?

Parto da come vedo il piatto finito e poi vado all’indietro, come i gamberi...













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