Azat: due anni e immediata espulsione

Ieri il patteggiamento. Alle famiglie dei turisti russi morti nell’incidente un risarcimento di 8 mila euro: rifiutato



TRENTO. Non andrà in carcere ma non potrà neppure restare in Italia. Ieri mattina è stato il giudice Ancona a «ratificare» il futuro di Azat Iagafarov, il russo che era alla guida della motoslitta la sera del 4 dicembre, sera in cui, a causa di una curva presa ad eccessiva velocità lungo la pista Olimpia 2, persero la vita sei persone, cinque turisti russi e Larissa Psheichnaya, moglie di Azat. Una tragedia che aveva colpito al cuore non solo la valle (dove la coppia era molto conosciuta visto che gestiva lo Sporting Hotel) ma l’intera provincia. Dopo le indagine, dopo l’arresto di Azat, ieri si è arrivati all’ultimo capitolo della vicenda giudiziaria a carico dell’uomo che doveva rispondere dell’accusa di omicidio colposo plurimo aggravato e lesioni sostenuta dal pm Davide Ognibene. E per la quale ha patteggiato due anni di reclusione (pena sospesa) e l’immediata espulsione dall’Italia. Rifiutato dall’avvocato che rappresenta i famigliari di chi in quell’incidente ha perso le persone più care, il risarcimento offerto dall’uomo di 8 mila euro. E Azat ieri mattina era in tribunale assieme al suo avvocato Claudio Tasin. Dimagrito notevolmente (lui stesso era rimasto ferito in maniera grave nell’incidente), e aiutato da un bastone per muoversi, è apparso molto provato e più di una volta è scoppiato in lacrime. «Per me la vita è finita quella notte» aveva ripetuto più volte anche nei giorni immediatamente successivi all’incidente. Ora si tratta solo di attendere. Ci sono dei tempi tecnici da rispettare. E quindi bisognerà aspettare che la sentenza passi in giudicato (un paio di settimane circa, periodo in cui il patteggiamento potrebbe essere impugnato) e quindi che la questura predisponga il provvedimento di espulsione. Da quel momento Azat avrà 5 giorni per lasciare il territorio nazionale. Ma lui ha già deciso di tornare a casa, in Russia, anche perché in Italia non c’è più Larissa, l’unica ragione per la quale era venuto in Trentino, e tutto è troppo legato a quella terribile notte.

Quella del 4 gennaio era una serata allegra in cui i gestori russi dello Sporting Hotel avevano incontrato dei turisti russi stringendo subito amicizia. E la serata era andata ben oltre l’orario di chiusura degli impianti che avrebbero dovuto portare a Cavalese e i turisti. E così la decisione di scendere in motoslitta. A guidare il mezzo, Azat Iagafarov che tutti chiamano dottor Zivago, e poi la moglie Larissa Rafilya Pshenichaya, Liudmilla Iudina, e la figlia Julia Iudina, 24 anni. Le altre tre vittime sono Irina e Denis Kravchenko, 45 e 16 anni appena, il più giovane della comitiva, e Viachslav Sleptsov, 52 anni. Venivano tutti da Krasnodar città russa che si affaccia sul Mar Nero. Oltre a Azat erano sopravvissuto anche Boris Iudin. Per scendere a valle, la motoslitta aveva imboccato, ad onta di qualsiasi divieto, una pista nera, la Olympia 2, invece di percorrere la più sicura ma più lunga stradina che si inoltra nel bosco. Inoltre il mezzo era di quelli di vecchia concezione, con un solo freno a mano e senza il blocco di emergenza che si infila direttamente nella neve del quale sono dotati i mezzi più moderni. Infine i passeggeri erano ospitati in un carrello di quelli usati per i bagagli, non dotato di freni di supplementari. Insomma una serie di elementi che sono state concause della tragedia.

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