«Acciaieria, autorizzazione incompleta»

ValsuganAttiva accusa: «L’Appa la ha concessa prima ancora di chiedere il piano di controllo delle emissioni nocive»



BORGO. «L’Appa prima autorizza l’Acciaieria a proseguire l’attività, e chiede solo dopo il piano di controllo. Una cosa che non si è mai vista, e senza nessun sostegno giuridico dato che la legge non lo prevede».

Non usa giri di parole il perito chimico Gianfranco Giacomini, chiamato l’altra sera dall’associazione ValsuganaAttiva a spiegare significato ed effetti della Autorizzazione integrata ambientale rilasciata dalla Provincia, tramite l’Appa all’Acciaieria di Borgo. La stroncatura è netta e non lascia adito a dubbi. «Di autorizzazioni ne ho viste tante, ma è la prima volta che vedo un autorizzazione in cui l’Appa praticamente dice al controllato: misura le emissioni nocive, ma sappi che quello che misuri non è valido per un eventuale contestazione. Però, se non lo fai, ti segnalo alla Procura. Ma allora, che senso ha dare dei limiti?». Insomma, un documento rilasciato, secondo ValsuganAttiva, con tanti buchi che hanno generato più di una perplessità, e indotto il consigliere della Comunità Bassa Valsugana Lorenzo Rigo a presentare un interrogazione all’Agenzia per l’ambiente e la cui risposta, è giunta una decina di giorni fa. Il problema, secondo l’associazione, non è di poco conto, dato che se da un lato l’Appa sembra avere recepito alcune istanze portate avanti dalla stessa associazione prescrivendo all’Acciaieria di presentare un progetto per dei rilevatori posti a monte e a valle dell’impianto e telecamere fisse per monitorare i fumi che escono dal capannone principale, dall’altro ha basato le proprie indagini su rilevamenti fatti tra il 2010 e il 2012, un anno quest’ultimo «in cui si è lavorato si e no una sessantina di giorni», come ha ricordato il professor Piergiorgio Jobstraibizer, l’altro relatore della serata cui è spettato sia il compito di fare il riassunto degli ultimi cinque anni di attività di ValsuganaAttiva, sia di ricordare quali pericoli corra la popolazione della Valsugana. «Abbiamo trovato particelle di acciaio inox sotto forma di microsferule sia sui tetti degli edifici che, cosa assai peggiore, nei muschi posti anche a grande distanza dall’impianto in un territorio che va da Levico sino alle porte di Grigno». La cosa, secondo l’associazione, è preoccupante perché si tratta di inquinante che finisce nella catena alimentare e nelle faglie acquifere, anche tramite l’acqua che viene usata per la produzione dell’acciaio e che lo stabilimento pesca direttamente dai propri pozzi, sia nei polmoni della gente che respira le particelle emesse dei camini proiettano nell’atmosfera un quantitativo calcolato da ValsuganAttiva tra i 0,2 e 0,6 chili/ora di polvere. Dalla serata è emerso un quadro sconfortante con un ente controllore ritenuto «svilito nella propria capacità di valutazione a tutela della popolazione, dato che la giunta provinciale ha accorpato l’Appa all’assessorato di Gilmozzi», e sia, come ha sottolineato Giacomini «una incapacità di valutare il quadro d’insieme, con adeguamenti che vengono chiesti dopo avere autorizzato l’attività», tanto che dopo le richieste di Rigo anche il dirigente dell’Appa ha manifestato dubbi, e si rivolgerà al Ministero dell’Ambiente per chiarimenti.













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