grandi carnivori

«Sugli orsi tutti abbiamo peccato di ottimismo e disattenzione»

Lo scrive il presidente del Parco naturale Adamello Brenta, Walter Ferrazza, riferendosi alle richieste della famiglia di Andrea Papi. «Se una specie cresce, devono aumentare risorse per la gestione»



TRENTO. «Ciò di cui abbiamo il dovere di scusarci tutti è di non esserci sforzati di mettere in atto tutte quelle misure in grado di favorire la convivenza uomo-animale e prevenire così l'insorgere di incidenti. Dobbiamo chiedere scusa per aver peccato di disattenzione o di eccessivo ottimismo. Perché è evidente che se una specie cresce, si moltiplica, prende confidenza con l'ambiente che la ospita e con l'uomo, devono anche aumentare le risorse umane e materiali che destiniamo alla sua gestione».

Lo scrive in una lettera il presidente del Parco naturale Adamello Brenta, Walter Ferrazza, riferendosi alle richieste avanzate dalla famiglia di Andrea Papi, aggredito e ucciso dall'orsa Jj4 lo scorso 5 aprile a Caldes. Ma chiedere scusa, aggiunge Ferrazza, "non basta". «Dobbiamo fare di più sul piano della conoscenza, e qui il Parco può svolgere un ruolo ancora più incisivo che in passato, assieme a tutti gli altri soggetti competenti: l'Università, il Muse, la Fondazioni Mach, ma anche, perché no, lavorando di concerto con altre realtà esterne al Trentino, perché i problemi si risolvono anche così, attraverso il confronto, lo scambio reciproco di informazioni e di esperienze, la collaborazione».

«Dobbiamo fare di più anche sul versante dei comportamenti concreti, che chiamano in causa il territorio e i suoi abitanti: incentivare la conoscenza e la coscienza, con politiche mirate alla gestione dei rifiuti, con la promozione dei giusti comportamenti fra gli escursionisti, che, certamente, devono continuare a frequentare i nostri boschi, ma con una consapevolezza nuova o maggiore rispetto al passato. Dobbiamo fare di più, infine, anche nella gestione degli orsi 'problematici', come vengono spesso definiti, cioè pericolosi. La rimozione - mediante cattura o anche abbattimento - di questi ultimi non deve essere un tabù, ma deve rientrare nelle normali pratiche di gestione anche di questa specie».

«Non solo: persino sul numero massimo di esemplari ursini che il territorio può sopportare dobbiamo essere capaci di confrontarci e di decidere, prendendo a modello la scienza che ogni giorno riversiamo in Trentino nella gestione della fauna selvatica», conclude il presidente del Parco naturale Adamello Brenta.













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