l’indagine

Soldi della 'Ndrangheta investiti all'estero, sequestro della Finanza. E c’è una società trentina

Denaro “sporco” reinvestito nel Nord Italia e soprattutto all'estero, fra la Svizzera, la Bulgaria e la Romania, dove erano state acquistate anche due centrali idroelettriche



TRENTO. Denaro “sporco”, riconducibile agli affari della cosca di 'ndrangheta degli Iamonte, reinvestito nel Nord Italia e soprattutto all'estero, fra la Svizzera, la Bulgaria e la Romania, dove erano state acquistate anche due centrali idroelettriche. È il quadro ricostruito dalla Guardia di Finanza a conclusione dell'indagine “Black fog”, condotta dal nucleo di polizia economico finanziaria di Bologna e coordinata dalla Dda bolognese con i magistrati Francesco Caleca e Flavio Lazzarini.

E in tutto questo centra anche il Trentino.

Si tratta di un nuovo filone dell'operazione 'Nebbia calabra' contro la criminalità organizzata, svolta nel 2018 dagli stessi finanzieri.

Sono quattro le persone indagate per trasferimento fraudolento di valori, tra i quali colui che è ritenuto il 'dominus' del vasto giro d'affari illegale: un faccendiere italiano di 52 anni, già arrestato alla fine del 2018 a Bologna sempre dalle Fiamme Gialle, che gli avevano sequestrato beni per oltre 8 milioni, compresa una rivendita di tabacchi nel centro commerciale Pilastro.

Questa volta, tra i beni sottoposti a sequestro preventivo ci sono il capitale sociale di una società italiana, il saldo di due conti correnti esteri (uno in Romania e uno in Svizzera) fino alla concorrenza di 15 milioni, le quote societarie di due imprese in Romania, tre conti correnti e due immobili a Sofia, in Bulgaria.

A carico del 52enne, attualmente residente in Svizzera, il Tribunale di Bologna ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari.  

L'esecuzione delle misure, da parte di reparti della Finanza di Bologna, Milano, Trento e Reggio Calabria, è avvenuta in diversi Stati grazie al coordinamento dell'organismo di cooperazione giudiziaria internazionale Eurojust, e anche per le indagini sono state determinanti le informazioni fornite dalle Financial Intelligence Unit estere.

Secondo quanto ricostruito, sono state intercettate condotte di trasferimento fraudolento di valori aggravate dal cosiddetto metodo mafioso, in ragione della vicinanza dell'indagato alla cosca di cui curava gli interessi economici.

È stata così smascherata la gestione occulta da parte dell'indagato e dei complici, attraverso uno schermo societario di diritto romeno, di due centrali idroelettriche in Romania (ufficialmente riconducibili a una società con sede in provincia di Trento) in grado di generare redditi per due milioni di euro l'anno, oltre alla disponibilità di numerosi rapporti finanziari presso banche svizzere (fra cui 1,6 milioni di dollari USA in seguito spostati in un conto sammarinese) e al possesso di immobili di pregio in Bulgaria e investimenti in titoli americani movimentati tramite bonifici 'mascherati' da finanziamenti fra società estere per 15 milioni di euro. 













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