Nel 2001 pareva chiaro: Casa rossa da demolire 

Il dibattito sulla Rsa. Nel 2001 lo studio dell’ingegner Barbieri aveva chiuso la questione Le sue conclusioni erano che per i costi ed i disagi per gli ospiti ristrutturare non aveva senso


luca marsilli


Rovereto. L’attuale piano di Rsa cittadine nelle sue linee essenziali era disegnato già nel 2000. Quando diventando sindaco Maffei, si stava realizzando la Rsa di Sacco e si ipotizzava una seconda Rsa alla Cava Manica (oggi sostituita da quella di piazzale Defrancesco). Ma già allora si ragionava sulla necessità di 3 strutture, tutte da 100/120 posti letto, strutturate secondo le esigenze contemporanee: assistenza a persone in gran parte non autosufficienti. La “Casa Rossa” era nata negli anni Sessanta e rispondeva ad una logica completamente diversa. Basti per capire il fatto che una intera ala si chiama ancora “appartamentini” e che il nome fosse Casa di riposo, non solo per amore degli eufemismi.

L’incarico a Barbieri

Comunque, nel 2000 il sindaco Maffei indagò la possibilità di ristrutturare la Casa di riposo e lo fece in modo serissimo, assegnando al compianto Germano Barbieri, ingegnere citato con deferenza da ogni tecnico intervenuto in seguito, di elaborare uno studio preliminare di fattibilità. Peraltro lo stesso Barbieri conosceva benissimo la situazione, perché già due volte si era occupato di ristrutturazioni parziali della “Casa Rossa”. Fu il suo “responso” a far rinunciare (aprile 2001) anche solo all’idea di una ristrutturazione. La sua relazione illustrativa sembra scritta ieri. Col di più che sono passati altri 18 anni, e quindi i dubbi che poteva avere allora sulle condizioni delle strutture portanti (cementi, fondamenta e travatura) hanno 18 anni di invecchiamento ulteriore a consolidarli. E oggi è peraltro dovuto per legge quell’adeguamento sismico che lui allora suggeriva soltanto come opportunità.

I problemi sollevati

I dubbi dunque. Secondo Barbieri l’unico modo di ristrutturare adeguandola alle esigenze del 2001 la Casa Rossa era demolirla quasi per intero, lasciando in piedi le sole strutture portanti. Facciate, divisioni interne, spazi per i servizi non erano recuperabili. Si trattava quindi di demolire e ricostruire. 

Ospiti e disagi insopportabili

Farlo con parte degli ospiti dentro era possibile, gli chiedeva Maffei? Secondo Barbieri, solo a prezzo di gravissimi disagi e solo liberando almeno due terzi della struttura, dividendo l’intervento in due lotti per verticale. Era comunque inevitabile che demolendo cementi, le vibrazioni, il rumore e le polveri arrivassero anche alla parte abitata. Si poteva fare, come tutto, ma lui non lo suggeriva di sicuro. Poi c’era il problema dell’area di cantiere: il giardino poteva non bastare e quindi anche l’area del bocciodromo poteva essere necessaria. Area comunque che doveva essere lasciata libera per l’intera durata dei lavori per il continuo passaggio di carichi sospesi, con i rischi conseguenti.

Costi e risparmio

Dal punto di vista dei costi, la sua stima, ancora in lire, era di 30 miliardi per la ristrutturazione contro 33 per la ricostruzione ex novo. Che suggeriva perché avrebbe permesso di realizzare spazi perfetti per le funzioni richieste, cosa impossibile ristrutturando perché in ogni modo le altezze e le divisioni dei volumi non erano modificabili. Dal punto di vista della tenuta strutturale. Considerato che si ipotizzava di scendere da 300 a 120 posti letto, lui suggeriva di eliminare i due piani più in alto. Non entrava nelle soluzioni possibili per consolidare l’edificio dal punto di vista della resistenza sismica, ma si limitava a dire che certamente qualcosa si poteva fare inserendo dei setti di calcestruzzo armato o telai di acciaio. Escludeva infine che si potesse suddividere ulteriormente in lotti l’intervento, perché le facciate andavano realizzate in continuità per non pregiudicarne impermeabilità e solidità, facendo lievitare ulteriormente i costi.

Le conclusioni erano che la ristrutturazione era possibile, svuotando la struttura e sapendo che si sarebbe risparmiato poco (il 10 per cento) e per un risultato nettamente inferiore rispetto alla costruzione ex novo. Tanto che vuota per vuota, suggeriva di demolirla del tutto e ricostruirla, sia pure lì, da zero.













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