Aquaspace aspetta da nove mesi 

La Cgil approva un ordine del giorno: «Mobilitazione e pressione per i lavoratori rimasti nel limbo»



ROVERETO . Con oggi sono trascorsi nove mesi esatti dal sequestro dell’impianto di trattamento chimico dei rifiuti di Aquaspace, e manca più di un mese alla data fatidica del 19 dicembre, entro la quale la magistratura si è impegnata a sciogliere le riserve circa l’indagine che ne è scaturita. Tempi biblici, poco compatibili con i ritmi produttivi di un’azienda, che non trovano facile spiegazione se non nella complessità delle perizie. Ma al destino di Aquaspace e dei suoi 14 dipendenti è legato anche quello di Tessil 4, che ne utilizza per i propri processi di colorazione della moquette sintetica gli impianti di depurazione, e con essa quello dei suoi circa 60 dipendenti. Nel frattempo il congresso della Cgil ha emanato per iniziativa dei sindacalisti Fabiano Malesardi, Franco Weber e Mario Cerutti, un ordine del giorno che esprime solidarietà e vicinanza ai lavoratori «non essendo scongiurato il rischio di un epilogo negativo soprattutto in termini occupazionali, considerato le modalità con cui la dirigenza ha gestito l’intera vicenda» e rinnova l’impegno del sindacato alla mobilitazione per esercitare pressione «al fine di fronteggiare questo atteggiamento». E pur riconoscendo l’impegno della proprietà di Aquaspace a mantenere l’occupazione almeno fino a dicembre prima di prendere decisioni nel merito, l’ordine del giorno spiega che «da un importante gruppo manifatturiero che proprio in trentino ha trovato le condizioni ideali per crescere e svilupparsi, addirittura a livello internazionale, le forzature sono inaccettabili». Da qui la necessità, conclude l’ordine del giorno, poi approvato dall’assemblea della Cgil,di prendere una posizione per difendere i lavoratori.

Il clima in azienda è a metà tra la fatalistica attesa del 19 dicembre e un ragionevole pessimismo dopo che la “deadline” dell’indagine - perché si spera ancora che la magistratura rimuova i sigilli agli impianti, magari imponendo delle modifiche prima di consentirne la rimessa in funzione - è slittata in avanti già due volte.

I magistrati Davide Ognibene e Alessandra Liverani, che coordinano l’indagine, ritengono che la procedura utilizzata da Aquaspace per smaltire i rifiuti liquidi sia inadeguata, in quanto si basa sulla loro diluizione anziché sulla scomposizione chimica, che verrebbe comprovata dalle analisi eseguito dai tecnici dell’Appa, ma dall’altro versante l’azienda sostiene a ragione di aver ottenuto da un altro organismo provinciale, la Sava, l’autorizzazione ad utilizzare quel depuratore chimico con quelle modalità.

Che la vicenda sia molto intricata e di difficile soluzione, è sotto gli occhi di tutti. Che servano dieci mesi (perché tanti ne saranno trascorsi al 19 dicembre) per decidere se il depuratore Aquaspace inquina o è a norma, è una questione alla quale solo dei tecnici possono rispondere. Ciò però è difficile da combinare con la necessità, del tutto comprensibile per un’azienda, di avere tempi certi sulla soluzione di un simile contenzioso. (gi.l.)

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