«San Romedio patrimonio Unesco? È unico, lo merita» 

San romedio. «Ben contento che l’iter per far riconoscere San Romedio “patrimonio dell’umanità” vada avanti e sopratutto mi fa piacere che questa idea sia stata condivisa dall’intero consiglio...



San romedio. «Ben contento che l’iter per far riconoscere San Romedio “patrimonio dell’umanità” vada avanti e sopratutto mi fa piacere che questa idea sia stata condivisa dall’intero consiglio provinciale». A dirlo è padre Giorgio Silvestri, attuale priore dell’eremo noneso che sull’avvio di questa iniziativa era stato già interpellato dai promotori, in specie la consigliera nonesa del Patt, Paola Demagri.

Secondo il religioso, San Romedio come santuario e per il contesto ambientale di armonia naturale che vi si respira anche oltre il significato religioso, ha tutte le carte in regola per affrontare e superare i tanti passaggi di un iter complicato e lungo. «Che si tratti di un luogo unico nel suo genere lo percepiscono i visitatori che arrivano anche dall’estero oltre che da tante parti d’Italia e ne sono consapevoli i valligiani. Da questa rupe così originale viene un messaggio di bellezza e di pace che ci lega al passato e che ci fa guardare con fiducia al futuro in una stagione difficile dove la pandemia ci rivela tutta la nostra fragilità» - aggiunge il frate.

Da buon padovano padre Giorgio fa riferimento ad un’altra bellissima realtà italiana, peraltro di tutt’altro genere, che da un paio d’anni ha ottenuto il riconoscimento di “patrimonio Unesco”, le colline del prosecco nella zona di Valdobbiadene, nella Marca Trevigiana. «Ci sono andato tante volte a vendemmiare, è una realtà che conosco bene ed è davvero stupenda ed armoniosa con le colline pennellate dal sapiente lavoro dei contadini. San Romedio è un’altra cosa ed un altro fascino, ma altrettanto stupendo e soprattutto unico».

Come ricorda il priore, l’idea di proporre San Romedio come patrimonio dell’umanità non è di questi mesi ma gira già da qualche anno, anche se solo ora ha assunto i connotati dell’ufficialità quindi dell’avvio di un vero percorso. Anni fa infatti c’era stato un “movimento di popolo” coordinato da due professionisti, il geologo Armando Chini (Sfruz) e l’ingegner Mauro Schwarz (Smarano), attuale vicesindaco di Predaia. Tra le iniziativa intraprese c’era anche stato un viaggio - studio autofinanziato al monastero di Müstair nella Svizzera orientale ai confini con l’Alto Adige che era stato da poco inserito nel Patrimonio Unesco. «Il confronto tra quella realtà e San Romedio appariva subito impari e del tutto a favore del nostro santuario» - avevano concluso i due tecnici al termine del viaggio, ma la cosa era finita lì. Fino al maggio scorso quando la consigliera provinciale Paola Demagri, di Cles, in piena stagione pandemica ha deciso di prendere in mano il progetto condividendolo con l’Arcidiocesi, (proprietaria dell’eremo), il Comune di Predaia (sul cui territorio si trova il santuario), i Comuni del circondario (in particolare Sanzeno, che di San Romedio è l’ingresso principale), l’Apt e la Comunità di Valle. Il santuario di San Romedio costituisce infatti un esempio straordinario di tipologia edilizia, un insieme architettonico, tipologico e di paesaggio che riassume più fasi nella storia umana della Val di Non. Un santuario unico nella storia europea, unico nella sua architettura, con risonanza a livello europeo ed in particolare nel nord Europa sino dalle sue origini. Paola Demagri ora seguirà l’iter che vede come attore diretto l'assessore Mario Tonina, sperando che quanto prima si possa ottenere dall’Unesco il riconoscimento di San Romedio come “patrimonio dell’umanità” nel rispetto della sostenibilità e delle caratteristiche che lo hanno reso unico. G.E.















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