Giovani agricoltori

Manuel Debortoli: «La frutta di qualità? È a residuo zero»

Giovane di 31 anni di Scurelle ma con appezzamenti anche a Ospedaletto, dopo la laurea in Economia, partendo da un appezzamento preso in affitto, ha costruito un’azienda di piccoli frutti di tutto rispetto


Carlo Bridi


SCURELLE. Fruit Logistica, il più importante evento della frutticoltura a livello europeo svoltosi a Berlino, è tornata agli antichi splendori dopo gli anni del Covid. Un’occasione, per la Sant’Orsola, per presentare le sue ultime novità in campo delle produzioni naturali.

Dopo il mirtillo a residuo zero, ecco il lampone a residuo zero, produzione unica in Italia ma anche in Europa. La società rafforza così la sua leadership nel comparto dei piccoli frutti. Ma com’è possibile produrre mirtilli e lamponi a residuo zero in tempi di cambiamento climatico e nuovi parassiti?

Lo abbiamo chiesto a un giovane imprenditore agricolo, che fin da subito ha accolto la sfida lanciata dalla Sant’Orsola, dove conferisce i suoi prodotti. Parliamo di Manuel Debortoli, 31 anni, di Scurelle ma con appezzamenti anche a Ospedaletto, un giovane che dopo la laurea in Economia conseguita all’Università di Trento, con molto coraggio partendo da un appezzamento preso in affitto ha costruito un’azienda di piccoli frutti di tutto rispetto. Quattro ettari tutti coltivati a mirtillo, lampone e mora. Fino allo scorso anno coltivava anche ribes, poi abbandonato per la resa insufficiente.

Quasi tutte le coltivazioni sono fuori terra quindi con dei costi enormi in quanto si tratta di appezzamenti tutti coperti di rete antinsetto fino a terra e telo antipioggia. Ma anche gli altri costi sono aumentati, da quelli dei concimi a quelli del ferro e della plastica. Nel 2015 Manuel ha terminato gli studi universitari ed era fortemente in dubbio su quale strada scegliere, «se quella di finire in un ufficio - ci racconta - o quella di avviare sull’esempio di mio fratello un’azienda di piccoli frutti».

Dopo qualche tentennamento, la scelta del coltivatore di piccoli frutti. «Il premio d’insediamento mi è servito moltissimo per prendere in affitto tre ettari a Ospedaletto e fare l’impianto, la doppia copertura e partire». Era il 2015.

In seguito, Manuel ha affittato altri terreni a Scurelle fino agli attuali quattro ettari. «Con mio fratello - precisa - ci scambiamo il personale. Nel periodo dei raccolti che va da metà giugno a ottobre compreso, occupiamo 15 persone, ma non solo, molti lavori li facciamo assieme. Un anno fa la proposta della nostra cooperativa di provare a fare il mirtillo a residuo zero. La cosa è stata un po’ problematica all’inizio, causa il ragno rosso, ma poi grazie agli insetti antagonisti dei quali abbiamo fatto diversi lanci, la situazione si è normalizzata».

Altri problemi li hanno causati i picchi di calore, come lo scorso anno, durante il raccolto del mirtillo. «A giugno abbiamo iniziato a fare il lampone residuo zero - ricorda - anche con il lampone unifero sempre fuori terra, in questo caso i problemi sono stati maggiori, per gli attacchi di ragno rosso, ma anche in questo caso grazie al lancio degli insetti antagonisti, la situazione è tornata sotto controllo, senza l’uso di prodotti fitosanitari». Ora, afferma Manuel, «ho a dimora complessivamente 11 mila piante di mirtillo che però penso di aumentare riducendo la produzione di lamponi».

L’orientamento è quello di andare sempre più verso il mirtillo, per diverse ragioni: la prima è quella che il periodo di raccolta non è così dilatato come nel caso del lampone, da metà giugno a ottobre compreso, la seconda è quella che ha meno problemi fitosanitari del lampone. Ma perché questa scelta così impegnativa? «Fin da quando ci è stato proposto dai vertici di Sant’Orsola, avevamo capito che era l’unico modo per distinguerci sul mercato, sempre più competitivo a livello internazionale: fare prodotti di alta qualità e a residuo zero. Certo, l’avvio non è stato facile, ma ora sono soddisfatto della scelta fatta. Dal punto di vista produttivo, non ci sono differenze fra la produzione integrata e quella a residuo zero».

Ora c’è una grande scommessa da vincere: «Far capire ai consumatori la differenza fra i nostri piccoli frutti e quelli all’occhio più belli ma prodotti in Centro America con l’uso di fitofarmaci che da noi sono vietati da anni». La preoccupazione maggiore di Manuel è quella dei costi di produzione e del clima impazzito, che determina situazioni anomale al punto di compromettere la produzione. «Abbiamo ridotto i costi della difesa eliminando quella chimica, ora rimane solo quello del lancio degli insetti utili. Questi sono fondamentali su tutti gli appezzamenti». Un tecnico della Sant’Orsola ogni settimana controlla la quantità di questi ed effettua nuovi lanci se serve.

E gli amici dell’università cosa hanno detto della scelta? «All’inizio mi davano del matto ma poi si sono ricreduti anche perché ogni professione ha i suoi problemi». Nella vita privata, Manuel è sposato con Mara, che la dato due bimbe, una di 4 anni ed una di 10 mesi.













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