l’omicidio

Anziana uccisa, l'avvocato della figlia arrestata: «è devastata, valuterò la perizia psichiatrica»

Domani la decisione del gip sulla carcerazione di Rosa Fabbiano. A dare l’allarme ai carabinieri era stata la sorella che vive a Trento


di Nicolò Rubeis


MILANO. È apparsa "devastata" al suo legale, ma è rimasta ancora in silenzio. Si è avvalsa di nuovo della facoltà di non rispondere Rosa Fabbiano, interrogata nel carcere milanese di San Vittore dal gip Giulio Fanales, insieme al procuratore aggiunto Laura Pedio e alla pm Elisa Calandrucci che ne aveva disposto il fermo e di cui ha chiesto la convalida insieme alla custodia cautelare in carcere.

La donna, 58 anni, è indagata per la morte dell'anziana madre Lucia Cipriano, 84 anni, trovata dopo due mesi con il corpo in stato di decomposizione, fatto a pezzi nella vasca da bagno della sua abitazione a Melzo, nel milanese.

Ora si trova in carcere con le accuse di omicidio volontario, vilipendio e occultamento di cadavere e per domani mattina, 30 maggio, è atteso il deposito del provvedimento del gip, che dovrebbe accogliere le richieste della Procura, salvo sorprese, e convalidare il fermo.

"È stata una tragedia all'interno della famiglia, potete capire come ci si sente", ha commentato il suo legale Daniele Brambilla. Il contesto, ha sottolineato l'avvocato subito dopo l'interrogatorio, è quello di "una famiglia normale", anche se "il motivo per cui le sorelle non si siano prese cura della madre o non si siano parlate tra di loro lo devo ancora accertare".

La figlia minore che abita a Trento - un'altra risiede a Melzo, l'indagata a Mediglia - da tempo non aveva notizie della mamma. Rosa, che aveva anche le chiavi dell'abitazione, le aveva detto che era stato necessario un trasferimento in una Rsa, ma la scusa non reggeva più e non era riuscita a evitare che la sorella minore arrivasse a Melzo per capire cosa stesse succedendo. Inizialmente era riuscita a tenerla lontana dal bagno con un atteggiamento sospettoso.

Alla fine, però, Rosa aveva ceduto, rivelandole di aver "fatto un disastro" e chiedendole di accompagnarla dai carabinieri. Mentre andavano in caserma l'indagata aveva avuto una crisi di nervi e aveva tentato di scappare nei campi, per poi essere rintracciata dai militari. I quali, una volta nella casa di Melzo, avevano fatto la macabra scoperta. Anche di fronte a loro la donna aveva fatto parziali ammissioni, salvo poi avvalersi della facoltà di non rispondere. Il legale non esclude che la sua assistita venga ascoltata nuovamente, né la possibilità di chiedere una perizia psichiatrica: "Mi riservo di farlo quando vedrò tutta la documentazione, anche se per il contesto familiare non è usuale".

Per quanto riguarda l'eventuale attenuazione della misura cautelare, secondo l'avvocato, "non è il momento di avanzare queste richieste. Prima esamino gli atti". E comunque, "a me non risulta che la signora non ricevesse aiuto. Le dinamiche familiari le devo capire bene anche io - ha concluso - so che era pensionata, ma non era vedova. Era separata". Per ora si ipotizza che sia stata uccisa per asfissia, non per strangolamento.

Le indagini sono concentrate anche sul movente. Rosa era esasperata da una vita difficile, con un mamma afflitta da una grave demenza senile e a cui doveva badare. Così come si occupava del marito disabile, che versava in precarie condizioni economiche. 













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