Quel bambino (come dite voi) di colore

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A proposito delle materne di Gardolo, dove ci sono più stranieri che italiani, il presidente della circoscrizione di Gardolo dice che questo è un problema solo per gli adulti. E io sono d’accordo.

Noi non abitiamo a Gardolo, però di stranieri (un po') ce ne intendiamo perché ne siamo circondati. Nel parco di fronte a casa nostra i casi sono due: o si gioca a calcio (con i bambini pakistani in formazione) o si gioca a cricket (con i bambini italiani che stanno a guardare perché non sanno le regole).

Poi la sera è la volta degli europei dell'Est (non saprei dire esattamente lo stato di provenienza) che prendono possesso delle panchine e stanno lì a chiacchierare fino a notte fonda. A me danno fastidio più che altro per un motivo: li sento dalle finestre mentre cerco di dormire e non riesco a capire cosa dicono. Poiché sono curioso, divento nervoso perché non so di cosa parlano. E poi non capisco se scherzano o fanno sul serio. Sento che sbraitano e si agitano (mi chiedo se dovrei chiamare la polizia prima che si prendano a coltellate) e poi mi affaccio alla finestra, circospetto, e scopro che sono amici per la pelle.

Tornando ai bambini, c'era una specie di bulletto di provenienza russa che spaventava i più piccoli sullo scuolabus, ma da quel giorno che ci siamo parlati a quattr'occhi (io e lui) è diventato il loro protettore. Ma il mio preferito resta un piccolo albanese senza paura che quando si è presentato a casa nostra, invece di dire buongiorno, si è portato le sui fianchi e ha esordito in questo modo: “E quindi tu, qui, saresti il proprietario?”. E poi ha tentato di fregarmi chiedendomi (a bruciapelo) quando fa 2 più 2 diviso 2. Ma io l'ho messo in riga rispondendo che fa 3 (risposta esatta) anche perché non sono andato al liceo scientifico e poi all’università per niente.

Questo per dire che di stranieri (un po’) ce ne intendiamo. Eppure quella volta che, discutendo con uno dei miei figli, avevo bisogno di capire chi fosse il protagonista di una certa avventura, non riuscivamo a venirne a capo. Anche perché con i nomi dei bambini non ho mai avuto grande memoria, soprattutto se sono incomprensibili. Insomma, cercava di descrivermelo, di spiegarmi quali sono i suoi genitori, dove abita e via dicendo, ma niente. Non riuscivo proprio a capire quale bambino intendesse finché a lui non è venuto in mente quel particolare che, forse, mi avrebbe consentito di capire: «Papi - mi ha detto - è quel bambino, come dite voi, di colore».

E improvvisamente è stato tutto chiaro, come avevo fatto a non pensarci prima. Ma mi è rimasto un dubbio: voi chi? Risposta: voi grandi. E allora ho indagato: perché voi piccoli, invece, come dite? «Papi - ha risposto - guarda che noi non diciamo niente». Risposta esattissima a cui non c’era nulla da aggiungere, ma solo da sperare: cari bambini, cercate solo di conservarvi “piccoli” più a lungo che potete.













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