Nel mare ci sono i coccodrilli, a terra le belve

coccodrilli



Nel mare ci sono i coccodrilli, diceva un giovanissimo profugo terrorizzato all’idea di salire su un gommone, ma ancora non conosceva le belve che avrebbe incontrato a terra.

Eccole qui le belve, sono tra noi (siamo noi), persone capaci di rispondere che mille profughi in fondo al mare (a ingrassare i pesci) sono 30 mila euro che l’Italia risparmia ogni giorno. Uomini che rievocano Hitler perché torni dall’altro mondo a salvarci da questi nemici che ci ruberanno l’auto, il telefonino nuovo e ci porteranno via il lavoro dopo aver bruciato i crocifissi e violentato le nostre donne. Che se ne stiano a casa loro, quei fannulloni che vengono ad attaccarci le malattie e a farsi mantenere fingendo di essere profughi, altro che i nostri nonni e bisnonni che lasciarono l'Italia con la valigia piena di voglia di lavorare. Ecco i commenti su Facebook a un pezzo in cui provavo a immaginare l’incubo dei migranti annegati nel Mediterraneo, con qualche lettore, per fortuna, che si dichiarava agghiacciato da tanta cattiveria.

Ma non serve l’immaginazione per capire quale sia l'inferno da cui sfugge la gente che affronta il mare senza saper nuotare. Basta leggere un libro di qualche anno fa che raccoglie il racconto (vero) di un bambino diventato ragazzo nel corso dell'odissea che lo condusse in Italia. Leggendo l'incredibile storia di Enaiatollah Akbari, giovanissimo profugo afghano in fuga dai talebani, immaginate che sia la storia di vostro figlio, sapendo che anche lui era figlio di qualcuno: di una madre che lo mise su un camion, sapendo che ovunque sarebbe stato meglio rispetto a casa sua. Ecco perché - cari signori - non se ne stanno a casa propria ma si rinchiudono nel doppio fondo di un tir o nella stiva di una nave chiedendosi in silenzio chi sarà - del gruppo - quello che non arriverà alla fine del viaggio.

Leggete, se già non l'avete fatto, quel libro uscito in Italia nel 2010 e intitolato “Nel mare ci sono i coccodrilli” che non parla dell'Africa, ma è utile per comprendere il dramma della gente in fuga. Sono pagine di parole semplici, quelle di un ragazzino. E allora facciamole leggere pure ai ragazzini, perché non crescano - come noi - pensando di poter vantare diritti sugli altri solo per il semplice fatto (leggasi fortuna) di essere nati al di qua del mare.













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