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Adamello, così muore un ghiacciaio: lo scenario futuro

La Sat e il Gruppo Lunelli hanno presentato i risultati di sette anni di monitoraggio: «Solo nel 2022 il fronte è arretrato di 140 metri». L’aspettativa di vita? Meno di 100 anni

CONFRONTI Sempre meno neve sui ghiacciai trentini, quest'anno meglio del 2022


Ilaria Puccini


TRENTO. L'estate del 2022 è stata disastrosa dal punto di vista climatico e glaciologico. In quest'unica stagione, il ghiacciaio più grande del Trentino, l'Adamello, il cui fronte era solito arretrare di 10-15 metri annui, ne ha persi 140. Questo è solo uno dei dati sullo stato di salute dei ghiacciai trentini emersi dallo studio che la commissione glaciologica della Sat, la Società Alpinisti Tridentini, ha presentato ieri in un incontro pubblico.

«Lo scopo della ricerca - ha spiegato il presidente della commissione Cristian Ferrari - era di capire, senza recarsi di persona sul posto a causa delle ampie superfici e dei luoghi poco accessibili, quanto la superficie dei nostri corpi ghiacciati stia diminuendo nel tempo, e le ricadute sull'ecosistema e sulla disponibilità di acqua». Per realizzare lo studio la commissione ha utilizzato una serie di immagini catturate dai satelliti "Sentinel" dell'ente spaziale europeo, dotati di apposite telecamere multispettrali. Le analisi sui vari spettri di colore hanno permesso di distinguere gli strati di neve, firn (neve parzialmente compattata), ghiacci perenni e roccia, altrimenti invisibili all’occhio umano.

Le misure sono iniziate nel 2016, anno in cui le immagini sono state rese accessibili, con un intervallo di 4-5 giorni tra una cattura e l'altra. «Il confronto tra le acquisizioni di questi 7 anni, automatizzato grazie a un algoritmo, ci ha permesso di elaborare le fusioni dei ghiacciai con un margine di errore ridotto e uniforme su tutti i terreni analizzati» ha aggiunto il glaciologo e curatore Massimo Santoni.

I risultati dipingono un quadro allarmante: «Se nel 2015 il ghiacciaio dell'Adamello occupava circa 1414 ettari di superficie, nel 2022 erano 1373. Immaginate un’area di quasi 50 ettari di vigneto bruciati» è la similitudine usata da Ferrari. Un"incendio silenzioso" in alta quota che tocca tra gli altri i ghiacciai di Lares (-95 ettari), La Mare (-49 ettari), Presanella (-52 ettari), Nardis (-35 ettari), Marmolada (-53 ettari). O che li porta alla divisione in blocchi, come nel caso del Careser (-36 ettari), dove la massa minore, 9 ettari nel 2015, oggi è totalmente estinta.

Lo studio proseguirà nei prossimi anni, ma è stata l’estate 2022 a guidare la decisione di pubblicarlo adesso: «L'impatto dell'estate scorsa - ha aggiunto Ferrari - è stato pari al passaggio di 7-8 anni in uno». Considerato l'aggravarsi del riscaldamento globale, qual'è l'"aspettativa di vita" dei ghiacciai trentini? «Dipende dagli scenari presi in considerazione. Per alcuni ghiacciai si ipotizzano dai 20 ai 30 anni, fino ai 60-90 anni dell'Adamello. È probabile che vedremo una permanenza in forma nevosa o acquosa in alta quota, mentre i ghiacciai incassati nei canaloni a quote minori sono probabilmente destinati alla scomparsa» risponde il presidente del comitato glaciologico.

E non basteranno le precipitazioni nevose in alta quota a salvarci: «Perché la neve si compatti in ghiaccio necessita di accumularsi per almeno 3-4 anni di tempo» spiega Ferrari. Ma studi esterni alla ricerca vedono uno spostamento di tali precipitazioni nell’arco alpino dall'autunno alla primavera. Con la conseguenza che la neve non ha tempo di accumularsi e compattarsi come sarebbe successo in inverno.

L’incontro ha anche dedicato un momento di riflessione alla tragedia della Marmolada dello scorso luglio, con una registrazione via drone risalente proprio al giorno prima del distacco del seracco. Un evento per cui c’è stata una perizia ma le cui caratteristiche e dinamiche, mai registrate prima in Trentino, saranno oggetto di studio ancora a lungo. La presentazione dei risultati dello studio ha sancito inoltre una collaborazione triennale tra la Sat e il gruppo Lunelli, produttore dell’acqua "Surgiva", che ha fornito le risorse economiche per acquisire delle immagini satellitari di alta precisione accessibili solo a pagamento e integrare così lo studio.

Accolti dalla presidente della Sat Anna Facchini, alla presentazione hanno partecipato il presidente del gruppo Matteo Lunelli e la responsabile relazioni esterne Camilla Lunelli. Perché la fusione dei ghiacciai riguarda direttamente la qualità dell’acqua di cui fino a oggi abbiamo potuto beneficiare, che la si veda dal lato sanitario o da quello economico. «E purtroppo è una risorsa che oggi non possiamo più dare per scontata» conclude Ferrari.









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