LA MOSTRA»INAUGURATA PER “BEZZECCAOBBEDISCO 2018”

Ha aperto ieri i battenti in Sala maestro Nando a Bezzecca, nel Comune di Ledro, la mostra “Caricature alla carica. Garibaldi nella stampa satirica dell’800”. La mostra, che resterà aperta fino al 30...


di Marzio Terrani


Ha aperto ieri i battenti in Sala maestro Nando a Bezzecca, nel Comune di Ledro, la mostra “Caricature alla carica. Garibaldi nella stampa satirica dell’800”. La mostra, che resterà aperta fino al 30 settembre, è una selezione inedita di una trentina di tavole che vanno dal 1849 al 1879 e sono tratte da riviste satiriche italiane, francesi e inglesi. Tutto il materiale proviene dal Fondo Paolo Moretti per la satira politica che ha fatto un salto qualitativo fondamentale nel 2005 quando ha trovato sede in un grazioso palazzetto di Bergamo alta, una sede adeguata per una biblioteca specializzata che conta ormai più di 4000 libri e almanacchi e circa 70mila fogli di giornale ripartiti su più di 400 testate. Il Fondo è annoverato nella top ten delle collezioni private mondiali nel campo della satira politica. Giuseppe Garibaldi è uno dei personaggi “leggendari” del Risorgimento e, inevitabilmente, uno dei protagonisti della stampa satirica dell’’800: non è tanto un bersaglio dei caricaturisti, quanto un eroe positivo, un personaggio epico, immortalato da almanacchi e strenne, immagini sacre e litografie. Egli, del resto, ha sempre attribuito notevole importanza alla satira e nella spedizione dei Mille ha voluto al suo fianco un valente caricaturista, il bavarese Nast, che sarebbe diventato il padre della caricatura americana. Questi, imbarcatosi sul Piemonte, lo ha seguito in tutta la spedizione inviando ai periodici inglesi e americani gustosi schizzi che mettevano in rilievo la corruzione e l’immoralità del governo e dei governanti borbonici e ha contribuito così al crescente successo di Garibaldi presso l’opinione pubblica mondiale. La stampa italiana comincia a occuparsi di Garibaldi nel 1848 quando compaiono i primi giornali satirici. Anche grazie alla caricatura nasce la leggenda del condottiero invincibile e imprendibile: “Il Don Pirlone” di Roma la rafforza quando lo presenta, insieme con l’Italia nei panni di una giovane e piacente fanciulla, mentre si accinge a smembrare l’aquila bicipite austro-ungarica, asportandone la Lombardia e la Galizia, l’Ungheria e la Boemia, nonché quando in una successiva litografia dal titolo “Effetti d’impressione” mostra uno spaventatissimo re di Napoli, travestito da Pulcinella, che crede di scorgere dappertutto il generale, nelle travi, nelle bottiglie e persino negli insetti che gli ronzano attorno. Nell’immagine popolare Garibaldi assume ben presto i contorni, non solo dell’uomo d’armi, ma anche del vendicatore dei popoli desiderosi di sottrarsi al giogo dello straniero, nonché della vittima dei politicanti, la cui ambiguità viene costantemente contrapposta alla linearità di comportamento e al disinteressato coraggio dell’eroe. Il rispetto generale accompagna gli ultimi anni dell’eroe: nel 1882 viene presentato con la fiaccola della libertà che dallo scoglio di Caprera illumina il mondo e quando nello stesso anno muore il cordoglio è unanime. Ci piace ricordare il cavalleresco commento apparso sul giornale satirico che più lo ha osteggiato. Cesana, giornalista dotato di arguzia e umanità, il 2 giugno 1882 così scrive sul “Pasquino”: “Si può essere stati suoi avversari, si può averlo combattuto in certe fasi della sua vita, ma nessun italiano potrebbe non sentirsi orgoglioso di essere suo concittadino”.

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