l'intervista

Schwazer: «Ho sbagliato e pagato. Non capisco le critiche»

Il campione si allena in Pusteria in compagnia del suo allenatore Sandro Donati. «Adesso ci sono tante persone che credono in me e io in loro. Questo mi fa bene»



S.GIORGIO DI BRUNICO. Due scarpette blu e verdi che mulinano veloci, prima di tacco e poi di punta. Il bacino che ancheggia. Braccio ed avambraccio che formano un angolo retto con la cadenza di un pendolo, avanti e indietro. Impossibile farsi sfuggire, in un paesaggio dove le tonalità del verde fanno da stupenda cornice, quel marciatore dai pantaloncini arancioni fosforescenti con la maglietta nera. Impossibile non riconoscere che quell’uomo è Alex Schwazer. Si, proprio lui, quel ragazzo dell’Alto Adige che qualche anno dopo l’oro olimpico è caduto nel baratro del doping taciuto da chi sapeva.

Alex prima ci ha fatto arrabbiare e indignare, adesso la sua storia ci rattrista. È previsto che lui possa tornare, è auspicabile la seconda chance. Si è messo nelle mani di Sandro Donati, una garanzia, un paladino dello sport pulito, un uomo scomodo allo sport italiano. Alex, reduce da una lombosciatalgia, è ritornato nella sua terra per riabbracciare mamma e papà. In esclusiva abbiamo assistito al suo primo allenamento tra le montagne di casa quelle che avranno il compito di fargli spiccare il volo verso le Olimpiadi di Rio de Janeiro. Alex in marcia e Sandro, il Prof, in bicicletta. «Resterò in Alto Adige per due settimane poi ritornerò a Roma. È prematuro parlare di tempi o di chilometraggi specifici perché non siamo concentrati su una determinata gara. Posso dire che sono molto contento di quello che sto facendo».

E’ riuscito a mantenere la sua ottima tecnica?

Il gesto tecnico a livello di economia mi sembra molto buono. Non ho dubbi sulla mia tecnica di marcia perché in passato ho sempre marciato bene.

Sta pensando al ritorno nonostante non conosca ancora se la sua richiesta di riduzione della squalifica sarà accolta?

Non faccio calcoli, quando verrò a conoscenza della squalifica definitiva troveremo la soluzione migliore. Non essendoci gare non ho fretta di entrare in condizione. Sono ormai tre anni lontano dalle gare e mi sto dando tutto il tempo necessario per un’ulteriore crescita.

Non le sembra che dopo aver confessato e collaborato la squalifica sia esagerata?

Per quello che ho fatto, e ribadisco ho sbagliato, la squalifica prevista va da due a quattro anni. Mi limito a dire che i tre mesi che mi hanno dato lo scorso febbraio dovevano essere inseriti già nella prima squalifica (quella di 3 anni e 6 mesi comminata il 23 aprile 2013, ndr). Tre anni fa era sotto l’occhio del ciclone dell’antidoping e oggi sogna Rio,le cose cambiano. Si cambia sempre. Adesso ci sono tante persone che credono in me e io di loro. Questo è molto importante. Ho sempre reso molto bene quando le persone tenevano a me. Sono fortunato perché attorno a me ci sono il prof, la mia manager Giulia Mancini, l’avvocato Brandstätter e tutte le persone con le quali collaboro a Roma.

Cosa risponde a chi non la vuole più in maglia azzurra?

La regola è chiara e permette che dopo una squalifica si possa tornare a gareggiare. Trovo strano ci sia questa discussione. Non capisco perché il mio ritorno debba creare disagio. Sto facendo una cosa bella, unica, mai realizzata sino ad ora e adesso mi si critica. Credo che questo progetto meriti un rientro senza puntare il dito contro di me.

Lei pensa al suo passato?

Non penso mai di aver vinto le Olimpiadi. Non mi guardo mai indietro, un certo passato non mi appartiene più. Guardo avanti positivamente.

Perché ha scelto Donati?

Quando ho realizzato di voler tornare ad alto livello. Ho individuato la miglior soluzione possibile. Ho pensato a qualcosa che potesse garantire le mie prestazioni, quindi non ho avuto dubbi su Donati perché è il massimo esperto nella lotta contro il doping. Il Prof mi ha fatto scoprire tante cose belle.

Quali?

Per esempio persone che non vedono in me il loro contratto con la federazione per i prossimi cinque o dieci anni. Persone che credono nel progetto e credono in me. I professori D’Ottavio e Ronci mi chiamano la sera dicendomi che l’indomani alle 7 devo fare il prelievo ematico (mediamente uno a settimana, ndr).

Si è parlato di operazione di marketing, lei cosa risponde?

Nessun marketing, mi dispiace che si parla di questa cosa. Mi pago tutto, dall’albergo agli esami del sangue. Se negli ultimi quattro anni fossi andato a lavorare avrei guadagnato molto di più. Anche se in futuro andrò forte non diventerò certo ricco.













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