Hockey: l'ascesa di Pat, dal suo Fassa alla Germania

L’italocanadese Cortina, 3 stagioni a Canazei è il nuovo allenatore della Nazionale tedesca


di Maurizio Di Giangiacomo


TRENTO. Dal “Gianmario Scola” di Alba di Canazei ai vertici dell’hockey mondiale. È la splendida parabola di Pat Cortina, 48enne italocanadese di Montreal che alla Val di Fassa è legato anche da motivi di cuore, essendo il compagno dell’ex segretaria dell’Hockey Club Val di Fassa Teresa Trottner, che gli ha dato anche tre figli (Alessia di 12 anni, Andrea Vittoria di due anni e mezzo ed Emma Maria di 8 mesi). Oltre all’EHC München – che allena da ormai quattro stagioni e che ha portato dalla seconda lega allaricchissima DEL – quest’anno Pat guiderà anche la Germania. Con la federazione hockey ghiaccio tedesca l’italocanadese ha siglato un accordo triennale che gli consentirà appunto il doppio impegno per la stagione ormai alle porte e quindi lo vedrà concentrato sulla squadra nazionale, soprattutto in vista dei Giochi olimpici di Sochi 2014.

Un exploit clamoroso quello di Cortina, che qualche anno fa aveva lasciato l’hockey italiano, dopo tre stagioni alla guida del Fassa (1996-1999), lo scudetto sfiorato alla guida dell’Asiago ed una lunga esperienza alla guida della Nazionale, per approdare – nell’estate del 2003 – all’Alba Volan Székesfehérvar, in Ungheria. Quello che ai più era sembrato un passo indietro – il movimento magiaro, almeno allora, non faceva certo parte dell’élite hockeistica europea – è stato invece il trampolino di lancio del tecnico di Montreal: con l’Alba Volan Pat ha infatti conquistato 3 titoli nazionali. Non solo: Cortina assunse contestualmente la guida della squadra nazionale ungherese, riportandola nel gruppo A dopo settant’anni.

Fu quella, la svolta della sua carriera, mister Cortina?

Sì, la promozione dell’Ungheria, assieme quella dell’EHC München nella DEL.

Quanto è distante il suo hockey di adesso da quello che abbiamo oggi in Italia?

Diciamo che le squadre italiano potrebbero ambire ad una media classifica della Zweite Bundesliga, non oltre. Per il livello tecnico, ma soprattutto per quello che c’è attorno all’hockey tedesco: tre campionati professionistici, un grande seguito, anche un grande business.

Lei, però, non può aver dimenticato la Val di Fassa, se non altro per motivi di cuore.

Alla Val di Fassa mi lega l’amore per Teresa, ma anche le tre bellissime stagioni alla guida della squadra ladina. L’anno scorso la mia famiglia era lì e quindi ci tornavo ogni settimana e comunque ci vengo sempre volentieri anche nel tempo libero.

Di lei qualcuno adesso dice “accantonato troppo presto”: lacrime di coccodrillo?

È successo a me e a tanti altri italo-canadesi. Ma io so che allora non ero quello che sono adesso. Tutte le esperienze che ho vissuto, anche quelle meno positive, sono cose che mi sono servite. Ed hanno pesato nella valutazione della Federazione tedesca, quando ha deciso di affidarmi la panchina della Germania. Intendiamoci, mi sentivo un tecnico preparato anche vent’anni fa, ma oggi sono sicuramente più esperto.

Dalla “vetta” dello sfavillante e ricchissimo hockey tedesco, come lo vede quello italiano?

Più o meno è quello di qualche anno fa. Gli italiani hanno l’arte di arrangiarsi, sanno gettare il cuore oltre l’ostacolo quando c’è una partita importante. Fossero capaci di farlo anche fuori dal ghiaccio, il problema sarebbe risolto. Credo che la voglia di crescere in realtà non ci sia: le società non sono unite, guardano tutte al loro orticello. Succede anche altrove, ma non come in Italia. Anche qui le società badano tendenzialmente ai loro affari, non pensano certo agli interessi della Nazionale, ma poi ragionando si riesce a guardare avanti.

Per gli italiani forse l’unica scelta è quella che ha fatto lei: emigrare.

Sì, soprattutto per i giovani. L’emigrante è costretto a mettersi in gioco, tutti i giorni. Non puoi fermarti, perché guardano più te che i locali, hai meno comfort zone, e questo ti fa crescere molto.

E lei, vuole crescere ancora, magari chiudendo il cerchio andando ad allenare in Canada?

Adesso voglio fare bene con la Germania. Non devo arrivare più in alto per sentirmi realizzato.

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