Gattamelata lascia «Mi accusano di aver venduto la partita»

Il trequartista accusa: «Comanda Perrone, mi ha preso di punta e vuole farmi fuori. Così non vado avanti»


di Daniele Loss


TRENTO. Dopo dieci anni Andrea Gattamelata chiude con il Trento. A metà stagione, con rabbia e senza alcuna possibilità di ripensamento. Sbagliato parlare di goccia che ha fatto traboccare il vaso, perché stavolta è arrivata un’alluvione. Il trequartista aquilotto, da sette stagioni in prima squadra dopo tre anni nel settore giovanile, è stato sostituito dopo soli 34 minuti della sfida contro l'Alense. E, sin qui, non ci sarebbe nulla d'incredibile, se non che Gattamelata racconta che l'avvicendamento è arrivato per scelta dell'allenatore Devid Delli Carri su “consiglio” del capitano Marco Perrone.

«Ho sentito chiaramente il mio compagno – racconta un inviperito Gattamelata – rivolgersi al mister e dirgli che mi ero venduto la partita. La frase successiva è stata “Questo – con allusione al sottoscritto – ha rotto il c..., cambialo”. E, subito dopo, sono stato avvicendato da Berteotti. L'allenatore mi ha detto che la sostituzione era dovuta al fatto che tatticamente non avevo rispettato le consegne e che avevo un atteggiamento poco professionale in campo. Ci tengo a precisare che tutti i giocatori dell'Alense hanno sentito quelle parole e un avversario ha pure scherzato replicando: “Non abbiamo nemmeno i soldi per i “pullmini” per venire a Trento e ci compriamo la partita?”. Già ero stato umiliato davanti al resto della squadra durante una seduta d'allenamento, quindi il gesto di mercoledì sera era probabilmente premeditato e condiviso».

L'accusa di aver “venduto la partita” è gravissima.

«Infatti sono tutt'ora basito. Mi hanno accusato di essermi fermato a parlare in campo con gli avversari. È successo, per carità, ma specifichiamo: il nostro portiere Scali si è infortunato e il gioco si è fermato per 3 – 4 minuti, durante i quali ho parlato con Nervo, che è un mio caro amico nonché vicino di casa, e Raffaelli, mio ex compagno qualche stagione fa proprio al Trento. E io mi sarei venduto la partita in quei minuti? Ma non scherziamo per favore».

Quindi ha deciso di dire basta definitivamente. La sua avventura al Trento è finita veramente?

«Certamente, non ho più intenzione di proseguire in queste condizioni. Ci sono tante, tantissime difficoltà “esterne” e anche nello spogliatoio il clima è pessimo. Andare avanti così per me non ha più senso».

La squadra è compatta?

«No, direi di no. Il problema è che Marco Perrone, promosso inspiegabilmente capitano al posto di Casagrande, comanda e decide ogni cosa. Addirittura svolge in prima persona alcune fasi dell'allenamento, gestendo la fase offensiva in collaborazione con l'allenatore. Ma è possibile? Perrone mi ha preso di mira e, dunque, ha voluto farmi fuori».

Ha comunicato la sua decisione alla società?

«Ho parlato con l'allenatore che, oltre a qualche frase di circostanza, non mi è sembrato particolarmente scosso. Probabilmente pensa che il mio sia solamente un sfogo, ma stavolta non è così. Basta».

I rimborsi spese?

«La situazione è quella che tutti conoscono. Io non prendo soldi da tre mesi».

I tifosi hanno mollato la squadra ormai.

«E hanno ragione, come dargli torto a fronte di una situazione simile? In passato sono sempre stati vicini alla squadra: come dimenticare i 2mila spettatori dello spareggio contro il Vallesturla?».

Rimpianti?

«Essere arrivato in prima squadra nel momento peggiore della storia gialloblù».

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